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xvii - torquato tasso 155


degli uomini, lui supplicante invano a tutt’ i principi d’Italia. Libero, trovò una sorella ed un amico, che, se valsero a raddolcire, non poterono sanare un’ immaginazione da tanto tempo disordinata. E, quando ebbe un primo riso della fortuna, il giorno della sua incoronazione fu il giorno della sua morte.

Guardate in viso il Petrarca e il Tasso. Tutti e due hanno la faccia assorta e distratta, gli occhi gittati nello spazio e senza sguardo, perché mirano al di dentro. Ma il Petrarca ha la faccia idillica e riposata di uomo che ha giá pensato ed è soddisfatto del suo pensiero; il Tasso ha la faccia elegiaca e torbida di uomo che cerca e non trova. E nell’uno e nell’altro non vedi i lineamenti accentuati ed energici della faccia dantesca.

Manca al Tasso, come al Petrarca, la forza, con la sua calma olimpica e con la sua risoluta volontá. È un carattere lirico: non è un carattere eroico. E, come il Petrarca, è natura subbiettiva, che crea di se stesso il suo universo.

Se fosse nato nel medio evo, sarebbe stato un santo. Nato fra quello scetticismo ipocrita e quella coltura contraddittoria, vive tra scrupoli e dubbi, e non sa diffinire egli medesimo se gli è un eretico o un cattolico, piu crudele inquisitore di sé che il tribunale dell’ Inquisizione. Cominciò molto vicino all’Ariosto col suo Rinaldo. E gli parve che non se ne fosse discostato abbastanza con la sua Gerusalemme liberata. Scrupoli critici e religiosi lo condussero alla Gerusalemme conquistata, che egli chiamava la «vera Gerusalemme», la «Gerusalemme celeste». E, non parsogli ancora abbastanza, scrisse le Sette giornate della creazione.

Se in Italia ci fosse stato un serio movimento e rinnovamento religioso, la Gerusalemme sarebbe stato il poema di questo nuovo mondo, animato da quello stesso spirito che senti nella Messiade o nel Paradiso perduto. Ma il movimento era superficiale e formale, prodotto da interessi e sentimenti politici piú che da sincere convinzioni. E tale si rivela nella Gerusalemme liberata.

Il Tasso non era un pensatore originale, né gittò mai uno sguardo libero su’ formidabili problemi della vita. Fu un dotto e un erudito come pochi ce n’erano allora, non un pensatore.