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nell’opposizione fatta a Spagna e papa. La storia di questa opposizione è la storia della vita nuova.

Il primo fenomeno di questa sonnolenza italiana fu il meccanismo: una stagnazione nelle idee, uno studio di fissare e immobilizzare le forme. Si arrestò ogni movimento filosofico e speculativo. Il concilio di Trento avea poste le colonne d’Ercole, avea pensato esso per tutti. La scienza fu presa in sospetto. Permesso appena il platonizzare. I grandi problemi della destinazione umana, etici, politici, metafisici, furono messi da parte, ed al pensiero non rimase altro campo che lo studio della natura ne’ limiti della Bibbia. Crebbe invece lo studio delle forme.

Fu allora che si formò l’accademia della Crusca, e fu il concilio di Trento della nostra lingua. Anch’essa scomunicò scrittori e pose dommi. E ne venne un arruffio, concepibile solo in quell’ozio delle menti.

La nostra lingua avea giá una forma stabile e sicura in tutta Italia. Il toscano era «il fiore della lingua italiana» : cosi dice Speron Speroni. Ci era dunque una lingua italiana, vale a dire un fondo comune di vocaboli, con una comune forma grammaticale, atteggiato variamente e colorito secondo le varie parti d’Italia. Allora, come ora, si sentiva nello scrittore l’italiano e anche il toscano, il lombardo o il veneziano o il napolitano. Questa varietá di atteggiamento e di colorito, questo elemento locale era la parte viva della lingua, che lo scrittore attingeva dall’ambiente in cui era. Se Firenze fosse stata un centro effettivo d’Italia come Parigi, la lingua fiorentina sarebbe rimasta lingua viva di tutti gli scrittori italiani, che ivi avrebbero avuto la loro naturale attrazione. Ma Firenze era allora per gli italiani un museo, da studiarsi nei suoi monumenti, voglio dire ne’ suoi scrittori. L’accademia della Crusca considerò la lingua come il latino, vale a dire come una lingua compiuta e chiusa in sé, di modo che non rimanesse a fare altro se non l’inventario. Chiamò puri tutt’ i vocaboli contenuti nel suo dizionario e usati da questo o da quello scrittore, e scomunicò tutti gli altri. Fece una scelta degli scrittori, e di sua autoritá creò gli eletti ed i reprobi. Cosi la lingua, segregata dall’uso vivente,