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con minore difficoltá, come disciplinati ed educati a quella forma. La sua chiarezza intellettuale e la sua rapida percezione è in visibile contrasto con quei giri avviluppati e affannosi del suo periodo. Li diresti quasi artifici diplomatici per inviluppare in quelle pieghe i suoi concetti e le sue intenzioni, se non fosse manifesta la sua franchezza spinta sino al cinismo. Sono artifici puramente letterari e rettori ci. E sono rettori ca le sue circonlocuzioni, le sue descrizioni, le sue orazioni, le sue sentenze morali, un certo calore d’immaginazione e di sentimento, una certa solennitá di tuono. Al di sotto di questi splendori artificiali trovi un mondo di una ossatura solida e di un perfetto organismo, freddo come la logica ed esatto come la meccanica, e che non è forse in fondo se non un corso di forze e d’interessi seguiti nei loro piú intimi recessi da un intelletto superiore.

La Storia d’Italia è in venti libri e si stende dal i494 al i534. Comincia con la calata di Carlo ottavo: finisce con la caduta di Firenze. Apparisce in ultimo, come un funebre annunzio di tempi peggiori, Paolo terzo, il papa della Inquisizione e del concilio di Trento. Questo periodo storico si può chiamare la «tragedia italiana», perché in questo spazio di tempo l’Italia dopo un vano dibattersi cesse in potestá dello straniero. Ma lo storico non ha pur sentore dell’unitá e del significato di questa tragedia; e il protagonista non è l’Italia e non è il popolo italiano. La tragedia c’è, e sono le grandi calamitá che colpiscono gl’individui: le arsioni, le prede, gli stupri, tutt’i mali della guerra. Avvolto fra tanti «atrocissimi accidenti», sagacissimo a indagarne i piú riposti motivi nel carattere degli attori e nelle loro forze, l’insieme gli fugge. La Riforma, la calata di Carlo, la lotta tra Carlo quinto e Francesco primo, la trasformazione del papato, la caduta di Firenze, e l’Italia bilanciata di Lorenzo divenuta un’ Italia definitivamente smembrata e soggetta: questi fatti generali preoccupano meno lo storico che l’assedio di Pisa e i piú oscuri pettegolezzi tra’ principi. Sembra un naturalista, che studi e classifichi erbe, piante e minerali, e indaghi la loro struttura interna e la loro fisiologia, che li fa essere cosi o cosi. L’uomo vi apparisce come un essere