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a me la febbre quartana, la continua e la terzana; a me venga mal de dente, mal de capo e mal de ventre, mal de occhi e doglia de fianco, la postema al lato manco.

La poesia di Iacopone è proprio il contrario di quella de’ trovatori. In questi è poesia astratta e convenzionale e uniforme, non penetrata di alcuna realtá. In Iacopone è realtá ancora naturale, non ancora spiritualizzata dalTarte; è materia greggia, tutta discorde, che ti dá alcuni tratti bellissimi, niente di finito e di armonico.

Accanto a questa vita religiosa ancora immediata e di prima impressione spunta la vita morale, un certo modo di condursi con regola e prudenza; e anch’essa è nella sua forma immediata e primitiva. Non è ragione o filosofía, è pura esperienza e tradizione, nella forma di motto o proverbio, che riassume la sapienza degli avi. Il motto rimato è la piú antica forma di poesia nel nostro volgare. Ecco alcuni motti antichissimi :

Ancella donnea, se donna follea.

In terra di lite non poner vite.

Uomo che ode, vede e tace, vuol vivere in pace.

Chi parla rado tenuto è a grado.

Di questa fatta sono una filza di motti ammassati da Iacopone in un suo carme, una specie di catechismo a uso della vita, illustrati brevemente da qualche immagine o paragone, ora goffo, ora egregio di concetto e di forma. Sulla vanitá della vita dice :

Lo fior la mane è nato: la sera il véi seccato.