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92 | storia della letteratura italiana |
e puossi dir che la fede è mancata. Uomini grandi e dotti ti fan guerra: chi t’esaltò, or t’ha perseguitata... Va’ nel Levante e in tutto l’Occidente, e guarda di noi dua chi ha piú gente. |
Allora la Speranza viene in soccorso:
Leva sú gli occhi alla cittá superna, ch’è fabbricata senz’ingegno umano. |
Ma l’anima teme, pensando la sua debolezza:
Com’io digiuno un di, i’ son si bianca, che par ch’un curandaio m’abbi imbiancato; io mi stare’ a dormir sur una panca, e ’l corpo vuol un letto sprimacciato. |
La Speranza le pone avanti l’esempio de’ santi, e soprattutto di santo Agostino:
quando dicev’orando: — Signor mio, questo mio cor non si può consolare: tu solo se’ quel che lo puoi quietare. — |
Allora l’assale la Disperazione e dice:
Pensa che la giustizia ara il suo luoco, e tu hai fatt’assai ben de’ peccati. O tu dirai: — Io non vo’ disperarmi, perché Dio è parato a perdonarmi — ? |
Ma l’anima risponde allo scherno, cacciandola da sé:
E tu va’ via, bestiaccia maladetta. |
Segue un’altra disputa tra la Caritá, della quale san Paolo celebra le lodi, e l’Odio, in cui spunta l’ombra di un carattere, qualche cosa di simile a un capitano millantatore:
Vòltati in qua, porgimi un po’ l’orecchio, e non guardar ch’io sie canuto e vecchio. |