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xi - le «stanze» 369


e accompagnato da un sogghigno. E tutte e due queste condizioni mancano nell’Orlando innamorato. Il Boiardo ha molta vena inventiva: avvenimenti e personaggi pullulano sotto la sua penna. Certo, non è tutto cosa sua; raccoglie di qua e di lá; trova innanzi a sé un immenso materiale agglomerato da’ secoli: ma quella materia la fa sua, scegliendo, combinando, padroneggiandola. Il suo intento, direi quasi la sua vanitá, è di sorprendere gli uditori con la ricchezza e varietá de’ suoi intrecci, menandoseli appresso tra le piú strane avventure. Ma al Boiardo mancano tutte le grandi qualitá dell’artista, e soprattutto quelle due che sono essenziali alla rappresentazione di questo mondo: l’immaginazione e lo spirito. Ben tenta talora lo scherzo; ma rimane un tentativo abortito: non ha brio, non facilitá, non grazia. Gli manca lo spirito e gli manca ancora quell’alta immaginazione artistica che si chiama «fantasia». Vede chiaro, disegna preciso, come fosse un mondo storico; e appunto perciò, in un mondo cosi fantastico, rimane pedestre e minuto, e non ti sottrae al reale, non ti ruba i contorni, non ti tira per forza in una regione incantata. A questo grande inventore di magie la natura negò la magia piú desiderabile, la magia dello stile. Le piú originali concezioni, le piú interessanti situazioni ti cascano sul piú bello: sei nel fantastico e ti trovi nel volgare, e Angelica ti si trasforma in una donnicciuola e Orlando in un babbeo. Il che avviene senza intenzione comica, unicamente per la soverchia crudezza de’ colori, a cui mancano le gradazioni e le mezze tinte. Cosi quel mondo, che nella sua intima natura dovea essere fantastico e comico, ti riesce spesso nella rappresentazione prosaico e volgare. Non una sola situazione, non una figura è rimasta viva. Dicesi che il nobil conte facesse suonare a festa le campane del villaggio, quando gli venne trovato il nome di Rodamonte, quasi l’importanza fosse ne’ nomi o ne’ fatti. E non è Rodamonte che è rimasto vivo: è Rodomonte.

Se il Boiardo recitava i suoi canti a’ signori ferraresi, Luigi Pulci rallegrava le feste e i conviti di Lorenzo recitando le stanze del suo Morgante. Qui ritroviamo la fisonomia letteraria del tempo nelle sue gradazioni, dal Burchiello «sgangherato e


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