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Che è la fine e insieme il significato di questa pittura di costumi.

Lo stesso spirito è nelle ballate e ne’ canti carnascialeschi: una sensualitá illuminata dall’allegria e dall’umor comico. Il mondo convenzionale de’ trovatori è ito via, e insieme il suo vocabolario. Ti senti in mezzo a un popolo festevole e motteggiatore, che ha rotto il freno e si dá balia. Un’allegria spensierata e licenziosa è il motivo di questi canti: l’amore non è un affetto, ma un divertimento, un modo di stare allegri. Il motto comune è la brevitá della vita, l’orrore della vecchiezza, il dovere di coglier la rosa mentre è fiorita, quel tale: «Edamus et bibamus: post mortevi nulla voluptas». Aggiungi la caricatura de’ predicatori di morale e delle cose sacre, com’è la confessione di Lorenzo e la sua preghiera a Dio contro i mal parlanti. In questo mondo, rappresentato dal vero e nell’atto della vita, cosi di fuga e tra le impressioni, non hai concetti raffinati, ma pittura vivace di costumi e di sentimenti, com’è l’ansia dell’aspettare nella canzone:

                               lo non so qual maggior dispetto sia
che aspettar quel che il cor brama e desia;
     
o il dispetto contro i gelosi:
                               Non mi dolgo di te né di me stessi,
ché so mi aiuteresti stu potessi;
     
o quel volere e disvolere della donna nella canzonetta sulla pazzia, e nell’altra, tirata giú tutta di un fiato, cosi rapida e piena di cose:
                               Ei convien ti dica il vero
una volta, dama mia.
     
Questo carnevale perpetuo si manifesta ne’ Canti e Trionfi carnascialeschi in tutta la sua licenza. Uscivano di carnovale, come si costuma anche oggi, carri magnificamente addobbati: ora rappresentazioni mitologiche, com’è il Trionfo di Bacco e Arianna co’ suoi satiri e Sileno e Mida; ora corporazioni di arti e mestieri, com’è il canto de’ «cialdoni», o de’ «calzolai», o delle «filatrici», o de’ «bericuocolai»; ora pitture sociali, come il