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ix - il «decamerone» | 327 |
esattezza, una notomia minuta di ogni pensieruzzo mette piú in vista la volgaritá e insipidezza dell’idea. La forma si stacca visibilmente dalla cosa, e appare un meccanismo ingegnoso, lavorato accuratamente e sempre quello. Cosa c’è sotto? Il luogo comune. Questo fu chiamato piú tardi «forma letteraria». E non c’è cosa piú contraria alla scienza, che è parola e non frase, e mal si riconosce nelle circonlocuzioni, nelle perifrasi e ne’ pleonasmi. In questo artifício ci è un progresso: ci è quell’arte de’ nessi e delle gradazioni, che mancava alla prosa, e rivela uno spirito adulto, educato dai classici. Ma ci è il difetto opposto: un volere di ogni idea fare una catena cominciata e terminata in sé; ciò che è un pantano e non acqua corrente. Il Boccaccio odia gli scolastici; ma il suo periodo non è che sillogismo mascherato, una frase generica, come «umana cosa è aver compassione degli afflitti», che per molti andirivieni riesce in qualche volgare moralitá. Il formulario è divenuto un meccanismo ben congegnato; ma il fondo è lo stesso. Vedi lo scolastico vestito a nuovo e piú alla moda. Se l’ampio giro del periodo boccaccevole è una catena artificiale dove la scienza perde la sua semplicitá ed elasticitá e la sua libertá di movimento, non è meno assurdo nell’espressione del sentimento, la forza piú libera e indisciplinabile dello spirito, che spezza tutti i legami della logica e sbalza fuori con rapiditá. I bruschi e tragici movimenti dell’animo qui sono come cristallizzati tra congiunzioni, parentesi e ragionamenti. Manca ogni subbiettivitá, ti è difficile guardare al di dentro nella coscienza: i casi sono straordinari, i fatti interessanti, le situazioni drammatiche, e non ti viene la lacrima, e non ti senti commosso, perché l’anima non si manifesta che in frasi comuni e rigirate. Veggasi la novella di madonna Beritola e l’altra del conte d’Anguersa, ove tra’ piú pietosi accidenti e mutazioni della fortuna non si muta la forma, sempre attillata e guantata. Pure, qua e lá si sente una certa, non dirò commozione, ma emozione di una immaginazione calda, e n’escono movimenti sentimentali, come nelle ultime parole della figliuola di Tancredi e in alcuni tratti della Griselda.
Questa forma di periodo, che si affá cosí poco alla scienza e al sentimento, dove appare un mero meccanismo foggiato