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vi - il trecento 113


Ma ecco, fra tante vite di santi, il santo in persona, scrittore e pittore di se medesimo, Caterina da Siena. Abbandonata la madre e i fratelli, resasi monaca, macerato il corpo co’ cilizi e digiuni, vive una vita di estasi e di visioni, e scrive in astrazione, anzi detta con una luciditá di spirito maravigliosa. Scrive a papi, a principi, a re e regine, come alla madre, a’ fratelli, a frati e suore, dall’altezza della sua santitá, con lo stesso tono di amorevole superioritá. Nelle piú intricate faccende prende il suo partito risolutamente, consigliando e quasi comandando quella condotta che le pare conforme alla dottrina di Cristo. Ho detto «pare» e dovrei dire «è», perché nessun dubbio o esitazione è nel suo spirito, e le dottrine piú astruse e mentali le sono cosí chiare e sicure come le cose che vede e tocca. Ha la visione dell’astratto e lo rende come corpo, anzi fa del corpo la luce e la faccia di quello. Indi un linguaggio figurato e metaforico, spesso sazievole, talora continuato sino all’assurdo. È un po’ il fare biblico, un po’ vezzo de’ tempi; ma è pure forma naturale della sua mente. Vivendo in ispirito, le cose dello spirito le si affacciano palpabili e visibili come materia; e cosí come vede Cristo e angioli, vede le idee e i pensieri. È una regione spirituale, divenutale per lungo uso cosí familiare che ne ha fatto il suo mondo e il suo corpo. Questa chiarezza d’intuizione, accompagnata con la squisita sensibilitá e la perfetta sinceritá della fede, le fanno trovare forme delicate e peregrine, degne di un artista. Ma le spesse ripetizioni, l’esposizione didattica, quell’incalzare di consigli, di esortazioni e di precetti, senza tregua o riposo, rendono il libro sazievole e monotono.

In queste lettere di Caterina quel mondo morale, rappresentato nelle vite, nelle estasi, nelle visioni de’ santi, è sviluppato come dottrina in tutta la sua rigiditá ascetica. È il codice d’amore della cristianitá. La perfezione è «morire a se stesso», secondo la sua frase energica, morire alla volontá, alle inclinazioni, agli affetti umani, sino all’amore de’ figli; e tutto riferire a Dio, di tutto fare olocausto a Dio. Il suo amore verso Cristo ha tutte le tenerezze di un amore di donna, che si sfoga a quel modo, lei inconscia. L’ultima frase di ogni sua lettera è: «Annegatevi,


F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - i.

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