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48 | saggio critico sul petrarca |
E son di lá si dolcemente accolti, Com’io m’accorgo, che nessun mai torna: Con tal diletto in quelle parti stanno. Degli occhi è ’l duol; che tosto che s’aggiorna, Per gran desio de’ be’ luoghi a lor tolti, Danno a me pianto, ed a’ piè lassi affanno. |
Pace non trovo, e non ho da far guerra; E temo e spero, ed ardo, e son un ghiaccio; E volo sopra ’l cielo, e giaccio in terra; E nulla stringo, e tutto ’l mondo abbraccio. |
di questo genere, con visibile affettazione e ricercatezza. Gli oziosi oggi si trastullano a far sciarade, logogrifi, rebus; allora si trastullavano a sonetteggiare. Il Petrarca componeva spesso de’ sonetti per questo o per quello, che li andavano a recitare nelle Corti e buscavano di bei quattrini. Ce ne ha non pochi di questi sonetti galanti, che, per la loro generalitá, sono buoni in tutte le occasioni, fior di rettorica. La moda è durata lungo tempo in Italia, ed il Petrarca è stato il grande arsenale dove tutti hanno attinto. Ci si trova quelle galanterie di cattivo gusto, che spacciano anche oggi nelle conversazioni coloro che si chiamano o si fanno chiamare bell’ingegni, fino i giuochi di parole. È noto quel suo scambiare spesso Laura con «lauro» e con «l’aura», ed il suo scherzo galante sopra «Loreta», nome latino di Laura, del qual nome «Lo» significa «Loda», «Re» significa «Reverisci», e «Ta» significa «Taci».