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vii. situazioni petrarchesche i3i


voi che le andate cercando, ma sieno esse che sfilano per propria natura dalle loro nicchie: in che è posta principalmente questa genialitá e spontaneitá d’ingegno, che la natura concede si di rado e a cosí pochi. Nella prima canzone l’anima si trova in una certa mezzanitá di situazione, che la tiene lontana e dall’affetto e dall’estasi: onde il poetico rimane ne’ termini della galanteria e della grazia. Ma, incalorato dallo stesso lavoro, il poeta s’immerge nel soggetto, si sente involare a sé stesso, e nel punto che finisce la canzone, un’altra, la vera canzone, si forma nella sua anima. Indi la chiusa, mirabile di evidenza e di veritá che vale ella sola tutta la canzone:

                                         Canzon, tu non m’acqueti, anzi m’infiammi
A dir quel ch’a me stesso m’invola:
Però sia certa di non esser sola.
     
Non piú introduzioni, esitazioni, galanterie, proteste di modestia; il poeta dá dentro nel soggetto fin da’ primi versi, con tanta decisione e chiarezza di coscienza, che potete subito comprendere l’idea madre e il sentimento dominante della seconda canzone.

Il poeta è come chi dopo lungo impedimento si getta con aviditá dietro il piacere desiderato. Quel piacere, agognato e non conseguito nella prima canzone, eccolo, ora se ne sente invadere tutta l’anima.

La canzone è una lunga, un’estatica contemplazione degli occhi di Laura, un succhiare, un bere da quelli ogni dolcezza, una lunga contemplazione accompagnata da insaziabile piacere. Di che natura è questo piacere? Ecco li una bella statua; voi state fiso a riguardarla, con quel puro godimento che si chiama estetico. Ma se ii piacere scende nei vostro cuore e lo turba, e vi fa germogliare l’amore, il desiderio, la gelosia, un tumulto d’afietti; il godimento prende la forma delia passione, e per questa via si può andare tant’oltre, che il sentimento degeneri in sensazione ed il piacere in voluttá. Di che natura è qui questo piacere? La sua bellezza è nella sua indivisibilitá,