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ugo foscolo 9i

tanto ardore di passione, tanta ambizione, tanta sete di gloria, tanto bisogno d’amare e di essere amato, è cosí giovane, quasi comincia ora a vivere: ma a che serve il vivere? Questo è il nuovo Jacopo, sorto sulle rovine dell’antico. Era tutto fede, credeva alla libertá, credeva alla scienza, credeva alla gloria: al primo urto della realtá rinnega e bestemmia tutto, anche sé stesso. La tragedia non ci è piú: ci è una situazione lirica nata dalla tragedia. È il suicidio in permanenza, sviato, interrotto, contrastato, indugiato, perché in quella forte natura è ancora freschezza e potenza di vita, che su’ disinganni ricrea nuovi inganni. Aggrappato sul «dirupo della vita», pronto a gittarsi giú, Jacopo ha innanzi un lume che lo lusinga, sempre vicino e sempre lontano. È la vita che non se ne vuole andare, e segue quel lume, che non raggiunge mai: «O Gloria, tu mi corri sempre dinnanzi, e cosí mi lusinghi a un viaggio, a cui le mie piante non reggono piú». Questa lotta tra la vita e la morte è una «consunzione dell’anima», che ti porta irrevocabilmente al suicidio. Jacopo fin dalle prime parole è giá un condannato a morte, ma resistente e che si aggrappa alla vita. Ama Teresa senza speranza, senza serietá di proposito; ama, perché l’amore gli rende cara la vita; accarezza le sue illusioni, perché le sue illusioni lo lusingano, lo incoraggiano a vivere. Appunto per questo senti che non può vivere. Ha la forza di crearsi delle illusioni, ma sa che sono illusioni e gli manca la forza di credere alla loro realtá e di operare per realizzarle. Tolta la fede e la volontá, quel barlume di vita che rimane è una consunzione interna, una vita che esaurisce sé stessa in riflessioni, in sentimenti, in immagini. Jacopo è come una canna in balia de’ flutti. Non ha iniziativa, non ha forza di resistenza; non ha il senso e il gusto della vita reale, e rimane passivo tra la folla de’ suoi fantasmi: ciò che è un lento suicidio. Quando il promesso sposo di Teresa arriva, pare giunto il momento del suicidio. E giá Jacopo si vuol gittare nelle onde del Po. Continua un resto di vita, che si concentra sempre piú nel cervello: fantastica meno e ragiona piú. A Firenze, a Milano, nella «prostituita» Italia trova peggio che a Venezia.