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genio nazionale, insino a che lo spirito pubblico si addormentò sotto l’ombra del gran Re e tra le fallaci apparenze del secolo d’oro, di cui erano ornamento letterati e scienziati, pomposo lusso di corte, preludio ad una vita tutta di convenzione, allegra, elegante, sciolta, sotto alla quale ruggivano le inesplorate profonditá. Il risveglio fu terribile. Sorse il disprezzo verso tutte le istituzioni nazionali, divenute decorazioni di corte, e in quel disprezzo soffiava l’ironia di Voltaire e la collera di Rousseau. La rivoluzione fu violenta, rapida, drammatica, e nelle sue convulsioni assoluta come la scienza, astratta come l’umanitá. Cercando libertá non nel limite, ma contro il limite, ruppe il limite e non diede la libertá. Combattendo la superstizione, spense negli uni il sentimento religioso, e procurò negli altri, come reazione, il fanatismo. Stabili l’uguaglianza giuridica, e produsse una disuguaglianza di fatto sentita piú acerbamente in quella contraddizione, e il frutto fu l’odio di classe, il piú attivo dissolvente sociale, e i piú delicati problemi abbandonati alla forza brutale. Mobilizzò fortune, famiglie, costituzioni e governi, e il turbinio rapi seco ogni sentimento sociale, ogni rispetto di gerarchia, ogni legame di famiglia, di chiesa, di classe, di stato, il culto del dovere e della legge. Sviluppò grandi caratteri, grandi forze, le usò e le abusò, e giunse a logorare in poco tempo le molle di una vita che aveva ancora tutta la spontaneitá della giovinezza. Ebbe grandi eroismi e grandi viltá, inauditi ardimenti e inaudite fiacchezze, trattò e stancò in tutti i versi una vita dotata di tanta elasticitá, che oggi ancora cosí fiaccata minaccia ed offende. Stabili la libertá nella legge, e la violenza nella pratica, e lasciando fare e lasciando passare in teoria, fu in pratica tutto governo, protettore e tutore con gran fastidio de’ protetti e de’ tutelati. Accentrò tutto e volendo far del suo capo il cervello di Europa, lasciò languir di anemia tutte le membra. Si appagò de’ nomi e non si curò delle cose; e non potendo trovar la sostanza, abbracciò l’ombra; riebbe l’imperatore senza l’impero, riebbe la repubblica senza i repubblicani, ripetè e scimieggiò sé stessa; ripetè rivoluzioni senza rivoluzionarii, epopee senza eroi; la storia divenne un circolo, nel quale elementi ora vinti, ora vincitori, sempre violenti, si dibattono e si consumano; alterno ricorso di limiti senza libertá, di liberta senza limiti. Limite e libertá, indeboliti nella coscienza, logorati nell’attrito, non furono piú le funzioni organiche di una societá armonica; furono meccanismi tanto piú artificiosi e complicati nelle forme e ne’ congegni, quanto la vita interna vi era piú debole e men rispettata; ma né i concordati rinvigorirono la fede, né le costituzioni rinvigorirono la libertá; furono espedienti, o come si direbbe oggi, un modus viverteli ; non furono di quelle istituzioni nazionali, nelle quali la coscienza pubblica si riconosce e si acquieta. Lavorando fuori di ogni tradizione e di ogni condizione storica, la societá rimase in balia al lavorio de’ cervelli; furono provati tutti i meccanismi, furono fatte tutte le esperienze; la vita fu trattata come fosse scienza, dove i piú contrarii sistemi si avvicendano; i fatti furono costretti a cammi-