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piú si fa adulto, e piú si sfibra il sentimento e l’immaginazione, le due forze onde vengono le grandi iniziative e i grandi entusiasmi. La scienza secondo il concetto di Vico è il prodotto dell’etá matura, e non ha la forza di rifare il corso degli anni, di ricondurre la gioventú. La maturitá è certo l’etá piú splendida della vita; ma dopo viene la vecchiezza e la dissoluzione. I popoli vecchi attende la conquista, o la barbarie, e vengon su popoli giovani, eterno corso e ricorso dalla Natura: la dissoluzione degli uni è la generazione degli altri.

L’esperienza confermò i concetti del grande solitario. Mancò la fede alla scienza; s’imparò a meglio apprezzare la vita, a meglio misurare la distanza tra le idee e le cose, a cercar la vita non ne’ libri, ma ne’ lenti procedimenti della natura e negl’insegnamenti della storia. Sorse la parola «dottrinario» in disprezzo della dottrina scompagnata dalla vita, e piú che la dottrina, si stimò la vita ignorante, inconsciente, ma ricca di fede, di affetto, d’ immaginazione e di illusione; piú che Faust, si stimò Margherita; Beatrice era la Scienza; Margherita era la vita. E la Scienza divenne il vecchio Faust, il sapiente a cui son mancate tutte le forze vitali, che maledice la sua scienza e lascia i libri e cerca la vita, e rituffandosi nelle fresche onde della natura e della storia, ritrova la sua gioventú. ritrova l’amore e la fede. Allora si capi perché i filosofi furono meno potenti degl’ ignoranti apostoli; perché i colti romani soggiacquero agl’ignoranti barbari; perché Machiavelli che sapeva di stato fu men possente di quei barbari che fondavano gli Stati; e perché i civili italiani poterono disprezzare, conoscere, descrivere, ma non vincere 1’ ignorante barbarie, maestri incatenati da’ loro discepoli. Allora si capi che se la scienza è la cima, la base è la vita; che tutto ciò che viene dall’alto, ha poca consistenza, cadendo in materia greggia e ribelle; e che dura solo quello che si abbarbica nelle profonde radici; si capi che quando dietro alla scienza non ci è l’uomo, la scienza è potentissima a dissolvere, inetta a ricostruire, buona a darti una coscienza della tua decadenza, che ti toglie le ultime forze e affretta la tua dissoluzione. Cosi per qualche tempo la colta Europa dubitò del suo avvenire e si chiamò da sé vecchia, e si domandò, se forse non era destinata a diventare cosacca. Cosi noi latini parliamo oggi della decadenza della razza latina, come Machiavelli parlava della corruttela italiana, spagnuola e francese, e parliamo di altri popoli come di predestinati nostri eredi. Io non so quale forza rimanga piú ad un popolo, quando si rassegni ad un preteso fatto storico, e perda fede nel suo avvenire e predichi la sua decadenza. In veritá, io preferisco il popolano inconscio, che si crede oggi ancora erede dell’antica grandezza romana e sogni l’impero del mondo. Egli è vero, che l’amor proprio ci susurra all’orecchio, e dannando alla decadenza i popoli a noi affini di razza, facciamo una eccezione per noi, anzi ci dichiariamo sotto voce i loro successori. E che ci manca? La Scienza. Se possiamo pareggiare di scienza quel popolo, che alla scienza deve la sua grandezza, il miracolo è fatto, noi lo