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elegie. Oggi l’artista si sente disposto ad avvicinarsi piú alla vita reale, e genera la sua creatura possibilmente simile a questa e dimentica sé in lei e rispetta la sua autonomia; l’arte diviene obbiettiva. Egli cerca una piú profonda intelligenza della vita nelle vie della natura, e la coglie nelle sue origini e nelle sue gradazioni, nelle sue trasformazioni, in quel tutto insieme che si dice l’ambiente. Al lirico ed al sentimentale succede il descrittivo, non piú come decorazione, ornamento, lusso, contorno, ma come ambiente vivo, in cui ciascuna parte ha la vita sua e tutto insieme la vita collettiva, l’organismo. Cosí la forma, già evanescente, ritorna plastica, nella pienezza e nella compitezza della sua vita.

E poiché l’organismo non é un fatto accidentale e volontario, ma è l’effetto della sua origine e del suo ambiente, in noi si é sviluppato il senso del necessario, del fatale. Non ci piacciono più gli accidenti, gl’intrighi, le combinazioni artificiali, le fantasie. Vogliamo vedere la vita nella necessitá della sua generazione, della sua evoluzione. L’arte ideale ha per base la dissonanza tra il fatto e l’idea, tra la vita quale la natura la fa e la vita qual è pinta nel nostro cervello, e trova in questa dissonanza il motivo lirico di quello che chiama tragedia della vita. Perciò spesso fa discontinua la vita reale, mescolandovi la vita sua. Oggi noi siamo trasformati in modo che quell’imprecare alla vita, quel maledire alla natura ci pare cosa da fanciulli, e ci mettiamo in guardia contro le nostre illusioni.

L’illusione perduta non è per noi una perdita che desti il nostro rimpianto, ma è un guadagno, è la vita conosciuta meglio; ed in luogo di maledirla, ci sentiamo disposti a studiarla, a contemplarla nel vario gioco delle sue forze, a educarla, a migliorarla, e con tanto piú interesse, dove la forza si rivela maggiore.

Il nostro sentire si è tanto trasformato che siamo inchini più ad ammirare i Cesari, che a compatire i Pompei, e sentiamo meno interesse nella debolezza in tutta la sua bontá, che nella forza, sia pure nella sua malvagitá.

I nostri protagonisti non sono piú Fausto ed Otello, ma