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accorre. Viene la «biunna Clori ’ntra na saia russa, e da li stritti pieghi l’occhiu azzurru traluci, e la vrunnitedda ’nzuccarata Joli, chi ad ogni passu, ad ogni gestu pinci una grazia nova, e Licori la grassotta di l’occhiu niuru e brillanti». E ciascuna colle sue vesti, co’ suoi atteggiamenti. Ecco Joli:

                                                                  un virdi pannu
Cci gira pri la testa ed abbassannu
Si unisci cu lu blu di la fadedda;
Chi spinta pri li fanghi e sustinuta
Da lu vrazzu sinistru, si raccogghi
Tutta ad un latu in morbidu volumi.
               

Viene Filli amata da Ergasto, e le battono le mani, e Filli per pudore «cala l’occhi, e ’n facci».

                                    Senti ’na vampa e fora cci scannia
’Mmenzu a lu biancu.
               

Un po’ di questo grottesco nella grazia e nella delicatezza, di un grottesco che fa la parte del Satiro negli idillii, si vede anche tra’ pescatori nelle Canzoni:

                                                   Lu mari ’nvita,
Lu friscu alletta:
Via chi si aspetta?
Via chi si fa?
Picciotti beddi,
Viniti a mari,
L’acqui su’ chiari;
La varca è cca.
     Oh bedda Nici,
Scuma di zuccaru,
E cui ti fici,
Ch’’un m’ami cchiú?
     ’Ntra sti labbruzzi
Cc’è l’incantisimu,