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L’ode alla Pace ha a riscontro un’altra alla Fortuna, e si compiono a vicenda. Pace e Fortuna non vanno insieme. L’ode alla Pace non rappresenta le qualitá astratte di quest’essere allegorico, ma si gli effetti suoi sull’animo:

                                         D’iddu accantu nun sentu guai,
Campu spicciu, giru tunnu,
E cu pocu, pocu assai
Nenti ’nvidiu ’ntra stu munou.
     Si mi manciú un tozzu duru,
Mi l’approva e dici: sedi,
E stu tozzu vi assicuru.
Mi va a l’ugnu di lu pedi.
     Quannu posu testa a lettu,
Dormu saziu comu un ghiru,
Grati sonni e di dilettu
Di la menti vannu ’n giru.
               

Sul monte sacro delle Muse la Pace gli sta allato e gli accorda la «sampugna», e mentre canta, vede sotto di sé:

                                    Terra, mari e tuttu quantu
L’omu ambisci e nun pussedi.
               
Tutti corrono appresso alla Fortuna:
                                         È Furtuna ’ntra ’na rota
Chi currennu a rumpi-coddu
Auta a vascia, gira e sbota
Ora a siccu e ora a moddu.
               
Ma lui si stringe alla Pace.
                                    Chi li lochi sularini
Fa cchiú grati d’un palazzu.
               

Nell’ode è un tono riposato e tranquillo, come di core contento, che si appaga e gode: immagini semplici, molta evi-