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giovanni meli i8i


Ecco una musica delicata e graziosa uscire dallo stesso oggetto, senza che ci sia aggiunta nessuna impressione:

                                         Li susurranti apuzzi
Sparsi ’ntra ciuri ammira,
Tornanu a li cidduzzi
Ricchi di meli e eira.
               

Ecco animarsi l’acqua, e parlare all’erba con quella bonomia del cuore, che non ha parola nella nostra lingua:

                                         Lu gratu murmuriu
Di l’acqua chi ddá scurri,
All’ervi dici: addiu,<brIeu partu, chi vi occurri?
     Vuliti nutrimentu?
Versu di mia stinniti
Li radichi, e a mumentu
Lu nutrimentu avriti.
               

Musica gentile e amabile, attraversata dalle più elevate note del sublime. «Cinquanta secoli vi guardano da queste piramidi!». E qualche cosa di piú profondo e di piú gigantesco suona in questi versi:

                                         Li palmi e pini sunnu
Piramidi fastusi,
L’epochi di lu munnu
Ieu tegnu in iddi chiusi.
               

Com’è piccolo l’uomo dirimpetto alla natura, l’uomo che ha tanta presunzione! E n’esce un sublime morale, pieno di disdegno:

                                         Chiddi chi umanu ingegnu
Metti a lu primu rangu,
L’oru e li gemmi, eu tegnu
’Ntra rocchi, crita e fangu. (Benissimo)