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giuseppe parini i3i

una caduta fiaccarti il capo canuto, un cocchio non fa male, e un cocchio vale la tua dignitá — Questo è il succo del suo discorso. E non crede punto d’insultare Parini, lo misura alla sua stregua. Nella sua bile Parini prorompe con un «chi sei tu?» e attendi una tempesta; ma tosto si raddrizza e prende il giusto tono. Ciò che in lui è ferito, non è l’orgoglio, quel sentimento dantesco di una grandezza propria, che ti distingua dagli altri, ma la giustizia, cioè la misura, quel veder le debite proporzioni e dare a ciascuna cosa il suo. Colui non è un arrogante o un temerario, ma è un uomo ingiusto: «Umano sei, non giusto». Ciò che in lui Parini biasima, non è l’animo, anzi il torto fattogli non lo accieca in modo che renda lui ingiusto nel biasimo, e riconosce la sua bontá, e lo chiama «umano». La stessa giustizia e misura è nel giudizio di sé: ci è dignitá con modestia. Chiedere non è bassezza, e anche lui chiede, ma «opportuno e parco con fronte liberale». E non dice «io», non si pone sul piedistallo: quello è debito di ogni «buon cittadino». Il rifiuto e l’abbandono non turba la serena eguaglianza del suo spirito; rimane quel desso, «costante»:


                                    Né si abbassa per duolo.
Né s’alza per orgoglio.
               


Si allontana «bieco», non perché l’abbia con lui, anzi gli è «grato», ma perché ha il consiglio a dispetto, e l’ultimo sentimento che l’accompagna a casa, è la soddisfazione non dell’amor proprio vendicato, ma del dovere compiuto, «privo di rimorsi». Si sente l’uomo che non volle scriver l’elogio di Maria Teresa, dicendo di non aver ella fatto che il suo dovere. L’equilibrio morale diviene anche equilibrio artistico. È in tutta la poesia l’aria del limite, una certa naturale delicatezza di concetti, di immagini, di sentimenti, sí che niente straripi, e ciascuna cosa stia a posto. L’ideale antico, il «ne quid ni-mis», è raggiunto. Tutto è misurato, e perciò tutto è vero, perché la misura è la veritá delle cose, e qui è veritá non artificiale e astratta, è veritá vivente, perché è ingenita e sostan-