Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/86

80 saggi critici

non abbiamo propriamente una impressione letteraria. Viene l’adolescenza. Qui le impressioni si affollano.

È allora che cominciamo a comprendere ciò che prima si è solo messo nella memoria, e ci troviamo in vera comunicazione col passato. Un libro nuovo è un avvenimento; la lettura è una febbre; facili all’entusiasmo, ai pianti, agli sdegni, alle ammirazioni; diresti che il cuore desidera di commuoversi. Sentiamo nel tempo stesso anche noi il bisogno di produrre; in mezzo alla imitazione e alla rettorica comincia a rivelarsi una parte di noi; ciascuno ha un po’ del poeta; immagini e sentimenti escon fuori con la facilitá con la quale l’acqua trabocca da un vaso pieno. Se il Lamartine vuol destare ne’ suoi lettori l’impressione della letteratura, che altro ha a fare se non rappresentarmi secondo veritá le impressioni di questa etá? Ma egli ha spese tante pagine a parlarci della sua infanzia, che giunge in sul serio del lavoro e si trova giá di aver finito.

Eccoci dunque alla vecchiezza, al «senectutem delectant». Lamartine vuol farci sentire le consolazioni che ci vengono dalle lettere. — Il lavoro che fo, egli dice, lo fo per forza, e nondimeno mi è caro. — Lo scopo che si propone richiede ch’egli ci conti le segrete gioie del lavoro, quella specie di dolce ebbrezza, di estatico oblio che accompagna lo scrittore quando la fantasia è concitata e il cuore è caldo; quella quietudine di spirito che ci conforta quando, dopo attraversate tante tempeste, ci ritiriamo in tranquilla conversazione coi libri. Invece di mostrarci le consolazioni del lavoro, ci parla lungamente delle sue pene, de’ suoi disinganni, tal che, in conclusione, quando chiudiamo il libro, in luogo di dire: — Quanto è bello lo studio! — , diciamo: — Povero Lamartine! — .

Onde nasce questa poca serietá di scopo, questa inconsistenza e inconseguenza nell’ordine delle idee? È una domanda che subito mi si è presentata allo spirito. E nondimeno vo’ prima stabilire il fatto, e poi ne investigherò la cagione.

L’impressione non è che una semplice base. Posta una impressione vera, precísa e determinata, il critico sentirá il bisogno di addentrarsi nel mondo poetico, cogliendone le parti sostanziali