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«cours familier de littérature» par lamartine 7i


I più de’ lettori, rimasi un pezzo a contemplare quel mondo, lasciano stare e non ne serbano che una immagine confusa. Innanzi al libro rimangono passiva, si abbandonano al flutto delle loro impressioni, indi si raffreddano e se ne distraggono.

Supponiamo un lettore che abbia l’istinto della critica: non si stará a quelle prime impressioni; anzi, immergendosi nella visione, de’ pochi tratti del poeta comporrá tutto un mondo.

Questa maniera di critica è da pochi. I pedanti si contentano di una semplice esposizione, e si ostinano nelle frasi, ne’ concetti, nelle allegorie, in questo o quel particolare, come uccelli di rapina in un cadavere. I filosofi la stimano al di sotto di sé, e mentre il corpo si move, discutono gravemente sul principio e le leggi del moto; e, mentre leggono e gli uditori si asciugano gli occhi, essi pensano alla definizione del bello. I piú si accostano ad una poesia con idee preconcette; chi pensa alla morale, chi alla politica, chi alla religione, chi ad Aristotile, chi ad Hegel; prima di contemplare il mondo poetico lo hanno giudicato; gl’impongono le loro leggi in luogo di studiare quelle che il poeta gli ha date.

La critica ha giá fatto molto cammino quando ella è giunta a coglierti una concezione poetica ne’ suoi momenti essenziali. È un lavoro spontaneo nel poeta, spontaneo nel critico. Il poeta può ben prepararvisi con lunga meditazione, di cui si veggono i vestigi nel disegno, nell’ordito, ne’ caratteri, e spesso nell’ultima mano; ma ciò che vi è di vivente nella sua concezione è opera di alcuni di que’ fuggitivi momenti, che talora non ritornano piú: il critico può bene apparecchiarsi al suo ufficio con lunghi studii, de’ quali si veggono le tracce nelle osservazioni, distinzioni, paralleli, ecc.; ma quella sicurezza d’occhio con la quale sa in una poesia afferrare la parte sostanziale viva, la troverá solo nel calore di una impressione schietta e immediata.

A questo lavoro spontaneo si aggiunge un lavoro riflesso. Riposato quel primo fervore, se il critico è dotato ancora di genio filosofico, avendo giá innanzi a sé il mondo poetico nella sua veritá ed integritá, può domandargli: — che cosa sei tu? che cosa è colui che ti ha creato? — .