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60 | saggi critici |
Non vedete che tutta si scuote. Dal Cenisio alla balza di Scilla? Non sentite che infida vacilla Sotto il peso de’ barbari piè? O stranieri! sui vostri stendardi Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito; Un giudizio da voi proferito V’accompagna all’iniqua tenzon; Voi che a stormo gridaste in quei giorni Dio rigetta la forza straniera; Ogni gente sia libera, e péra Della spada l’iniqua ragion. Se la terra ove oppressi gemeste Preme i corpi de’ vostri oppressori. Se la faccia d’estranei signori Tanto amara vi parve in quel dí; Chi v’ha detto che sterile, eterno Saria il lutto dell’itale genti? Chi v’ha detto che ai nostri lamenti Saria sordo quel Dio che v’udí? Si, quel Dio che nell’onda vermiglia Chiuse il rio che inseguiva Israele, Quel che in pugno alla maschia Giaele Pose il maglio ed il colpo guidò; Quel che è Padre di tutte le genti, Che non disse al germano giammai: Va’, raccogli ove arato non hai; Spiega l’ugne; l’Italia ti do. Cara Italia! dovunque il dolente Grido usci del tuo lungo servaggio; Dove ancor dell’umano lignaggio Ogni speme deserta non è; Dove giá libertade è fiorita, Dove ancor nel segreto matura. Dove ha lacrime un’alta sventura. Non c’è cor che non batta per te. |