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56 saggi critici

sostitui-scono oggi la civiltá alla libertá, soddisfattissimi che loro si promettano strade ferrate e traffichi e industrie e qualcos’altro di sottinteso; cosí alcuni non osano di difendere la letteratura per sé, e la nascondono sotto il nome di coltura. Se raccomandano questi studii, gli è perché dilettano ed ornano lo spirito, compiono l’abbigliamento, vi fanno ben comparire. Leggono, come vanno a teatro, per divertirsi; fanno provvisione di aneddoti, di motti, di argomenti per acquistarsi la riputazione di uomini di spirito; quello che lodano ne’ libri, biasimano nella vita. E se qualche povero uomo accoglie seriamente quello che legge e vi vuol conformare le sue azioni, gli è un matto, una testa romanzesca, un sentimentale, e che so io. No, miei cari. La letteratura non è un ornamento soprapposto alla persona, diverso da voi e che voi potete gittar via; essa è la vostra stessa persona, è il senso intimo che ciascuno ha di ciò che è nobile e bello, che vi fa rifuggire da ogni atto vile e brutto, e vi pone innanzi una perfezione ideale, a cui ogni anima ben nata studia di accostarsi. Questo senso voi dovete educare. E che? I cinque sensi che abbiamo comuni con gli animali sono necessarii, e questo sesto senso, per il quale abbiamo in noi tanta parte di Dio, sarebbe un lusso, un ornamento di cui si possa far senza? Non cosí è stato giudicato da’ nostri antichi: ché in tutt’i tempi civili l’istruzione letteraria è stata sempre la base della pubblica educazione. Certo, se ci è professione che abbia poco legame con questi studi, è quella dell’ingegnere; e nondimeno lode sia al governo federale, il quale ha creduto che non ci sia professione tanto speciale e materiale, la quale debba andare disgiunta da un’istruzione filosofica e letteraria. Prima di essere ingegnere voi siete uomini, e fate atto di uomo attendendo a quegli studi detti da’ nostri padri umane lettere,’ che educano il vostro cuore e nobilitano il vostro carattere, deli Non posso meglio conchiudere il mio dire, che parlandovi di un uomo, il quale vi potrei proporre come tipo di quella perfetta concordia ch’esser dee tra lo scrivere e l’operare. Alessandro Manzoni, a cui dobbiamo tante dolci ore passate nella lettura del suo romanzo, ha sortito da natura una eguaglianza di