Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/53


le «contemplazioni» di victor hugo 47

trasparire meno la sua anima che l’anima universale, la comune idea. La quale, appunto perché comune, non accarezza l’una piú che l’altra, non s’impronta, non s’individua in nessuna; passa in tutte e non si ferma in alcuna. È il principio cristiano e romantico nelle sue ultime conseguenze. Le forme sono un semplice velo; il corpo è un’ombra; l’idea vi sta al di sotto, conscia e libera, non imprigionata in alcuna; e se ne spicca a posta, eterna peregrina. Cosi il contenuto, avvilito in una data forma, logora dal tempo, dalla superstizione, dal ridicolo, la spezza e se ne sviluppa bello di sé stesso, e va a rinsanguarsi in un’altra; e ciò che voi deridete in chiesa, adorate nel raggio del sole, e ciò che voi profanate nell’uomo, rispettate nel gorgheggio dell’usignuolo.

Poiché dunque l’idea non rimane in alcuna forma, ella si rivela meno in questa o quella immagine, che in un rapporto tra le forme, di somiglianza e di contrasto: ond’è che l’espressione naturale di questa maniera di poesia è la metafora e l’antitesi. La quale espressione non è solamente la forma generale del concetto, ma s’insinua nei minimi accessorii e costituisce il genere di Victor Hugo sotto il suo lato più apparente e piú accessibile alla critica volgare. Ci ha di quelli, i quali fanno di berretto a Victor Hugo e lo salutano poeta, ma sotto beneficio d’inventario; accettano la sua poesia, ma rifiutano le sue metafore e le sue antitesi. Non sanno essi comprendere come i cadaveri possano sentir freddo, come il legno parli, come neroneggi la pietra. Gli è che il cadavere, il legno e la pietra non sono per Victor Hugo cose reali, ma semplici forme, variamente accozzate, dove egli suggella il pensiero: di modo che la loro realtá poetica è non in quell’inviluppo esteriore, che fa dell’una un cadavere e dell’altra una pietra, ma nell’anima o nel contenuto che il poeta vi ha messo. Per godere della poesia bisogna alzarsi dalla nuda realtá e ricordarsi che il regno delle muse è il regno delle ombre, e che la realtá è data in balia del poeta per disfarla e ricrearla in nuove combinazioni: ciascuna poesia è un nuovo «fiat». Il lettore poetico sa bene che ciò che il poeta vi presenta non è il reale, ma il vero; e comprende