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ne lo ha tolto e lo ha calato, non nella tale o tale altra, ma in tutto l’universo, ora qua ora lá, a suo talento. La natura presso i Greci è Dio; presso Victor Hugo è uomo. Né questo è giá una semplice metafora, come ne’ poeti; egli ne ha fatto una teoria filosofica: tutto ciò che vive ha coscienza; la metafora è qui realtá.

Gli uccelli fanno all’amore con linguaggio umano; il cielo ascolta «comme une oreille immense»; il globo diviene «un oeil énorme»; il monte dice la messa «sous sa mitre de granit» all’abisso; la violetta fa «sa toilette»; nessun poeta ha si arditamente vestito la natura di tutto ciò che è umano in tutt’i suoi accessorii e particolari. Il canto d’amore dalla bocca umana passa nella gola del rosignuolo1; le passere, le querce predicano o censurano2 troviamo affibbiati agli animali qualitá e sentimenti che prima ignoravano. Adduciamone un esempio. Tutto ciò che vediamo in una chiesa, l’autore ce lo mostra nella natura3:

                          — L’église, c’est l’azur, lui dis-je; et quant au prêtre...—
          En ce moment le ciel blanchit.

La lune à l’horizon montait, hostie énorme;
Tout avait le frisson, le pin, le cèdre et Torme,
          Le loup, et l’aigle, et Talcyon;
Lui montrant l’astre d’or sur la terre obscurcie,
Je lui dis: — Courbe-toi. Dieu même officie,
          Et voici l’élévation.
               

Il poeta di malincuore rimane in cittá, e, se talora vi si ferma, gli è per girare intorno uno sguardo nemico. La cittá desta la sua collera e gli versa nell’anima il fiele di Archiloco. Lá egli trova i pedanti, tormenti de’ suoi primi anni, che alla sua volta egli sferza e flagella4; lá incontra i suoi critici, botoli ringhiosi,

  1. En écoulant les oiseaux, 1. II, IX.
  2. Les oiseaux, 1. I [XVIII]. — La Nature, 1. III [XXIX].
  3. Religio, 1. VI [XXJ.
  4. À prolbos d’Horace, 1. I [XIII].