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40 | saggi critici |
ne lo ha tolto e lo ha calato, non nella tale o tale altra, ma in tutto l’universo, ora qua ora lá, a suo talento. La natura presso i Greci è Dio; presso Victor Hugo è uomo. Né questo è giá una semplice metafora, come ne’ poeti; egli ne ha fatto una teoria filosofica: tutto ciò che vive ha coscienza; la metafora è qui realtá.
Gli uccelli fanno all’amore con linguaggio umano; il cielo ascolta «comme une oreille immense»; il globo diviene «un oeil énorme»; il monte dice la messa «sous sa mitre de granit» all’abisso; la violetta fa «sa toilette»; nessun poeta ha si arditamente vestito la natura di tutto ciò che è umano in tutt’i suoi accessorii e particolari. Il canto d’amore dalla bocca umana passa nella gola del rosignuolo1; le passere, le querce predicano o censurano2 troviamo affibbiati agli animali qualitá e sentimenti che prima ignoravano. Adduciamone un esempio. Tutto ciò che vediamo in una chiesa, l’autore ce lo mostra nella natura3:
— L’église, c’est l’azur, lui dis-je; et quant au prêtre...— En ce moment le ciel blanchit. La lune à l’horizon montait, hostie énorme; Tout avait le frisson, le pin, le cèdre et Torme, Le loup, et l’aigle, et Talcyon; Lui montrant l’astre d’or sur la terre obscurcie, Je lui dis: — Courbe-toi. Dieu même officie, Et voici l’élévation. |
Il poeta di malincuore rimane in cittá, e, se talora vi si ferma, gli è per girare intorno uno sguardo nemico. La cittá desta la sua collera e gli versa nell’anima il fiele di Archiloco. Lá egli trova i pedanti, tormenti de’ suoi primi anni, che alla sua volta egli sferza e flagella4; lá incontra i suoi critici, botoli ringhiosi,