Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/40

34 saggi critici

punto bianco sull’orizzonte; un raggio dell’avvenire illumina la miseria presente; la fantasia, dalla terra, da questo luogo del castigo e dell’espiazione, si alza alla contemplazione dei cieli; in ogni astro trema un nostro desiderio; in ogni sole brilla una nostra speranza; ed il poeta vede l’enigma dissolversi in quelle miriadi di luci, e vagheggia la gloriosa trasfigurazione delle anime dopo la lunga trasmigrazione.

Con questa tragedia dell’umanitá, il poeta ha innestata la sua tragedia. Non leggi tranquille meditazioni; sotto a ciascun pensiero vi è una lagrima; da ogni verso gronda sangue. Sulla prima pagina trovi: À ma fille; sull’ultima: À celle qui est restée en France. Il pensiero che anima tutta la poesia è fatto persona in costei. Noi ce la vediamo crescere avanti agli occhi, e ci affezioniamo a questa cara fanciulla, che diviene la nostra fanciulla. E se ne’ primi libri il mondo ci pare una festa, gli è perché regina della festa è costei; se tutto è «joie, innocence, espoir, bonheur, bonté»; se

                     Tout regorge de sève et de vie et de bruit,
De rameaux verts d’azur frissonnant, d’eau qui luit1,
               
gli è perché ci sta accanto «la grande soeur et la petite soeur»; ed elle ridono e il mondo ride con loro. E se il mondo ci si annebbia, gli è perché siamo rimasti soli; e se dentro di noi ci è qualche cosa che piange, e se ci pare che tutto pianga con noi, gli è ch’ella ci ha lasciati, gli è che cerchiamo e non ritroviamo piú la nostra fanciulla. Ella si porta seco nella tomba la nostra giovinezza, le nostre gioie, il nostro universo, il nostro cuore. È lei il vero protagonista di questa Divina Commedia.

Ma il poeta ha un bel fare! Un bel parlare di angeli e di «Jéhovah» e di trasfigurazione e di cieli! Vi è qualche cosa qui che ci tiene fitti in terra; vi è una vena di pianto inesausto, senza consolazione: vi domina lo sconforto e il mistero. La sfinge vinta in Grecia e in Roma risorge piú oscura; invano il



  1. Lib. I, IV.