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l’ultimo de’ puristi 23i

Perdonava non difficilmente le sgrammaticature e gli errori di ortografia, ma per gli errori di lingua e massime pe’ francesismi era inesorabile. Ma per piacergli non bastava cansare gli errori: richiedeva l’eleganza. E scrivere elegante era fuggire i vocaboli e i modi usati comunemente, è sostituirvene altri peregrini e fuori della lingua parlata, come «andar per la maggiore», «saper grado e grazia», «esser di credere», «tener per fermo», e molti altri, e di cui una ricca collezione ci offre il nostro Ranalli. Quando i componimenti ne erano sopraccarichi, il marchese diceva sorridendo : — Per ora va bene : veggo che leggete i buoni scrittori — . Con questo indirizzo era inevitabile che sorgesse un modo di scrivere a tutti comune, certi collocamenti di parole, certi legami o passaggi, certi ripieni o trasposizioni o idiotismi, simpatie o antipatie venuteci dalle predilezioni o da’ furori del marchese, modo di scrivere che degenerava nella maniera o nel convenzionale. Se non che dopo alcuni anni i giovani d’ ingegno se ne affrancavano, e il marchese andava «allentando il freno», come diceva, e tollerava certe licenze. Soleva dire che co’ giovani si dee esser severi, e fino pedanti; ma che, quando si va innanzi negli studi, si può «secondare il naturai genio», perché l’eccellente scrittore è superiore alle regole, e sa quello che fa. Ci raccontava anzi che il Voltaire a taluno che gli rimproverava una sgrammaticatura, avesse risposto: — Tanto peggio per la grammatica — . Ma conchiudeva: — Queste libertá sono pe’ Sommi; per voi è meglio stare alla regola — . Se dunque da quella scuola sono usciti scrittori pedanti, «peccato è loro e non naturai cosa», e non colpa del marchese Puoti.

Principal dote dello scrivere dovea essere la chiarezza. Quando in certi periodi non si raccapezzava, «montava in bestia», frase sua, e rinnegava la pazienza e diceva: — Non si può correggere; meglio cassare e far da capo — . Attribuiva la poca chiarezza al cattivo concepire, all’ignoranza della lingua, alla fretta, e se il giovane non se ne chiamava in colpa, anzi tentava qualche difesa, lo investiva di cosí bei modi di rimproverare toscani, che colui non vedeva, non sentiva e non capiva piú nulla