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l’ultimo de’ puristi 2i9

chese Puoti, né la gioventú, né la polizia. Vi era li tutta una rivoluzione ignorata e dagli attori e dagli spettatori e dalle vittime. E rivoluzioni siffatte sono le meno reprimibili e le piú efficaci.

Il marchese Puoti, di famiglia patrizia e agiata, avea ceduto la rappresentanza e l’indirizzo della casa a Giammaria, secondogenito, dotto e onesto magistrato, il vero marchese e il vero capo della famiglia. Il nostro Basilio, rimasto marchese onorario, da vasi con molto ardore agli studi. Conosceva il latino, e meglio il greco, ed avea finito per fare materia prediletta dei suoi studi le lettere italiane, pigliando posto accanto al Cesari, al Montrone, al Giordani, al Perticari, al Paravia, e a tutti quei benemeriti cittadini che si affaticavano a restituire la lingua nella sua puritá e a ristorare gli studi delle cose nostre. Al che il Puoti prese la via piú diritta e piú sicura, aprendo scuola gratuita e raccogliendo intorno a sé i piú eletti ingegni del Napolitano. Ben presto si aggrupparono intorno a lui tutti coloro che di questi studi si dilettavano: l’abate Greco, Saverio Baldacchini, Cesare Dalbono, la Guacci, il Campagna, il Ranieri, l’Imbriani e molti altri, ed egli divenne il papá, il centro della coltura letteraria.

Il Puoti tenea scuola in una vasta sala del suo palazzo, dove convenivano meglio che duecento giovani, la piú parte studenti che venivano freschi freschi dai seminari. Allora non ci erano regolamenti d’ istruzione pubblica e non programmi; esami per cerimonia : d’ italiano punto; né la laurea era necessaria a professare. La divisa del governo in fatto d’ istruzione era questa: «non incaricarsene»; per lunga rilassatezza alcuni pochi regolamenti erano andati in disuso; monsignor Colangelo, presidente dell’Universitá, di una sola cosa si mostrava sollecito, che gli studenti andassero alla Congregazione; quanto al resto, lasciava correr l’acqua per la china, e a chi faceva atto di zelo soleva dire : — «Non te ne incaricare» — . Mi ricordo. Professore del Collegio militare, un giorno mi sfogavo col cappellano, e gli mostravo cosa ci era da fare per raddrizzare gli studi. Colui senti, senti; poi tutt’a un tratto mi prese per mano e disse: