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L’ ULTIMO DE’ PURISTI


La lettura di due grossi volumi intitolati Lezioni di storia, di Ferdinando Ranalli, ha risvegliato in me, e per la forma dello scrivere e per le dottrine, l’immagine de’ miei primi studi e delle mie prime impressioni letterarie. Quelli erano giá per me tempi dai quali mi sentivo distante come ci fossero corsi di mezzo due secoli; ed ecco questo libro qui, stampato ora, che mi riconduce innanzi quei tempi vivi e presenti e mi dice: — Ricordati! come allora cosí ora e cosí sempre si ha a scrivere e pensare — .

Dicono sia un libro noioso e che non si possa andare innanzi senza sbadigli. Io l’ho trovato gustosissimo, perché, dotato di una viva immaginazione, mi son figurato il signor Ranalli insieme con me, giovani tutti e due, alla scuola del marchese Basilio Puoti, e come davamo opera a riempire i nostri quaderni di bei modi di dire, a rotondare i nostri periodi, a studiare con atteso animo grammatiche e rettoriche, trecentisti e cinquecentisti, pieni il petto di sacro orrore verso il forestierume, e ben risoluti a non essere mai altro che italiani di lingua, di stile e di pensiero, stando come torre fermi e lasciando pur dire gli sciocchi che ci davano la baia e ci chiamavano per istrazio puristi. Questo ritorno alla mia prima giovinezza mi ha procacciato grande diletto, e ne riferisco al signor Ranalli quelle grazie che per me si possono maggiori. Quel pensiero, quello stile e quella lingua io gli ho trovati redivivi in questo libro, ed è stato come rivedere un amico dopo