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l’«armando» di giovanni prati 20i

vero e assoluto, per obblio infinito Arbella, una delle sue tante forme, o figure, come susurra lo Spirito dell’amore:

                                              Beltá della Natura,
Fuggevoli in un di,
     Non siete che figura
D’un Dio che non è qui.
     E in te pur anco, Arbella,
Quel grande Iddio non è:
     Sol, come in onda stella,
Splende riflesso in te.
                                   
Armando, desiderio infinito, non sente piú sé stesso in Arbella, che si rivela creatura, sottoposta al tempo e alla ricordanza, fuori dell’obblio.

E che cosa è la ricordanza?

La ricordanza è Clara, la traditrice, che gli balena nella stessa immagine di Arbella e si confonde con quella; è il suo contrario (Mastragabito), che insidia Arbella e la scopre mortale; l’armonia e l’oblio è svanito; non hai piú l’amore, non hai Armando e Arbella; in Armando comparisce Mastragabito, il Male, e in Arbella si rivela Clara, la Morte.

La ricordanza è l’enigma che risorge, é la malattia che ricomincia con fenomeni piú acuti e piú pronunziati. Arbella è sana, perché si sente mortale; Armando è malato, perché si sente desiderio infinito e impotenza infinita, e non può comprendere questa contraddizione, non può scioglier renigma: si sente «naufrago... in un mar senza fine»:

                               .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  Venire al mondo
Con superbe nature, e non poterlo
Dominar come numi.
                         
Ricomincia le sue corse, seguito dalla pietosa Arbella: e spesso si mette la mano sul core e grida : — Dimentichiamo! — . Scorre i volumi della sapienza, e medita e scrive; ma una voce gli suona: — Ricordare! Ricordare! — . e di nuovo la mano sul