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ma fino il coro ha la sua personalitá, tanto che alcuna volta ti pare un uomo o una donna: tu ti aggiri in un mondo, che ti par di conoscere da lungo tempo. Nella tragedia di Racine sono scene intere, nelle quali la pompa rettorica mai cela il vuoto che vi sta al disotto: leggete, per esempio, i discorsi tra Aricia ed Ippolito. Alcuni hanno biasimato quest’episodio, come mal legato col tutto: con quella stessa pedanteria, onde altri biasimavano nella Gerusalemme l’episodio di Olindo e Sofronia. Ma non istá qui il male. L’episodio del Tasso si ride della critica, perché è un miracolo di poesia, l’episodio di Racine è biasimevole, perché è vuoto di poesia, perché i due innamorati sono mezzi caratteri, perché non esce dalla loro bocca un solo accento che parta dall’anima: è un amore Tettonico, senz’azione, senza contrasto, senza gradazioni, che si esala in belle frasi, e si analizza e si spiega. Udite Ippolito:

                          Depuis près de six mois, honteux, désespéré,
Portant partout le trait dont je suis déchiré,
Contre vous, contre moi, vainement je m’éprouve:
Présente, je vous fuis; absente, je vous trouve.
Dans le fond des foréts votre image me suit:
La lumière du jour, les ombres de la nuit,
Tout retrace á mes yeux les channes que j’évite:
Tout vous livre á l’envi le rebelle Hippolyte.
Moi-même, pour tout fruit de mes soins superflus,
Maintenant je me cherche, et ne me retrouve plus.
Mon are, mes javelots, mon char, tout m’importune.
Je ne me souviens plus des leçons de Neptune;
Mes seuls gémissements font retentir les bois,
Et mes coursiers oisifs ont oublié ma voix.
                    

È una bella descrizione in versi magnifici, che pur non fa alcuna impressione, poiché essa fa supporre in Ippolito una passione profonda e straordinaria, che non ha tempo di mostrarsi, che non può avere alcuna rappresentazione in mezzo a’ maggiori interessi della tragedia; Ippolito è per noi il figlio e l’amato di Fedra; Ippolito innamorato è fuori della nostra attenzione;