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gendoci negli stessi suoi limiti, vogliamo esaminare fino a qual punto sia riuscito nel suo lavoro.

Anche una compilazione dee avere uno scopo ed un metodo; e noi non faremo il torto all’autore di giudicare la sua, una compilazione disordinata fatta a casaccio e col solo intento di far quattrini, ché in questo caso avremmo messo da canto il libro e non ci avremmo pensato piu.

Perché lo giudichiamo un lavoro serio, abbiamo il diritto di domandargli due condizioni, senza le quali non è possibile fare un libro utile, né ragionevole : cioè che l’autore abbia un concetto chiaro della materia che tratta, ed abbia il gusto degli scritti di cui vuol dar giudizio. Non domandiamo giá tutto quello che egli pretende nella prefazione da uno storico della letteratura; siamo piú discreti : domandiamo l’indispensabile per fare una compilazione utile e ragionevole.

Poniamo che l’autore abbia un concetto storto o confuso della letteratura, o che gli manchi il senso estetico o letterario; è chiaro che egli non può darci l’intelligenza degli scrittori, che è lo scopo necessario anche di una compilazione.

Ora, leggendo il libro, ci è nato il dubbio che l’autore non abbia una idea chiara della materia che tratta. Giudica letterarii i libri che hanno uno stile buono o cattivo; e perciò le opere del Vico e del Tesauro chiama letterarie, perché hanno uno stile, ancorché cattivo. Confonde lo stile ora con la maniera, come in questo esempio del Vico e del Tesauro, ora con l’elocuzione, come quando cita il Segneri, chiamando « stile » quello che il buon Segneri chiama « elocuzione ». Confonde l’invenzione con l’immaginazione, e chiama l’Ariosto povero d’immaginazione, perché ha cavato le sue invenzioni da altri. Affetta un certo disprezzo della forma letteraria, che pone nelle frasi e considera in sé stessa, come avesse vita propria e si potesse staccare dal pensiero. Parimente astrae dalla forma i pensieri e crede fare una storia letteraria, informandoci de’ concetti e delle opinioni degli scrittori, aggiungendo per ultimo ciò che gli par da lodare o da biasimare nella forma, che è per lui l’esposizione, il modo di esporre o di dire. Cosi il pensiero preso in sé stesso è