Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
i68 | saggi critici |
troppo borghese. Lucrezia fa aspettare un po’ la risposta: cosí si desta l’aspettazione degli spettatori. Dopo una pausa:
. . . . — Moi-même, et je porte mon deuil, Le deuil de mon honneur — . |
Vedete che Lucrezia si ricorda di tutta la domanda e vi risponde punto per punto. Peccato che abbia dimenticato i capelli sparsi e gli occhi a terra. Ma qualche cosa bisognava pur lasciare all’ intelligenza del padre. Credete ora che Lucrezia si abbandoni all’ impeto del dolore e si sfoghi, come farebbe una donna in cui la passione trabocchi? Oibò! La povera donna non può parlare e bisogna tirarle le parole di bocca. Comincia il marito:
Lucrèce, quel langage! |
Non so se ci sia niente di piú comico che questo ingresso trionfale del marito in iscena. Le fanno ressa intorno. La sibilla riapre la bocca:
Morte est l’épouse. |
Lucrezia parla da oracolo, vorrebbe far comprendere a quelle teste grosse di che si tratta; ma poiché le trova piú dure di una balena, forza è pur che si spieghi.
Qu’ importe Que le corps soit vivant, quand la pudeur est morte? |
Capisci ora, imbecille?
Tu n’as devant les yeux qu’un corps déshonoré. Pourtant mon âme est pure. |
Nel latino la violenza patita dal corpo, che il francese chiama «disonore del corpo», è un incidente, e vi succede immediata-