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lungo dello stato degli spiriti in Roma. Immaginate un professore di storia che dalla cattedra vi faccia una esposizione delle condizioni politiche e sociali del popolo romano a quel tempo; e, se non ve ne contentate, siete incontentabili.

Poniamo da banda anche questo; resta il fatto di Lucrezia, diviso nelle sue tre parti : l’orgia nel campo, la violenza patita da Lucrezia e la sua morte. Ma l’orgia contraddirebbe all’unitá di luogo, ed è narrata; la violenza contraddice alle convenienze teatrali, ed è narrata; che vi resta? Lucrezia che si uccide. La tragedia è tutta intera in un atto solo, anzi in una sola scena. Voi potete ficcarci la Sibilla e l’oracolo, intrometterci discorsi, narrazioni, spiegazioni : tutto questo non è azione rappresentata, non è la tragedia.

Per riempire il vuoto di un’azione cosí semplice, Ponsard è stato costretto di ricorrere agli episodi : ciò che Alfieri piú logico ha sdegnato di fare. E ci ha fatto entrare la moglie di Bruto, la quale fa a Sesto olocausto della fede maritale, e, abbandonata dall’amante e rimproverata dal marito, si uccide. Costei fa antitesi con Lucrezia; ma Ponsard ha orrore delle antitesi, come contrarie alla semplicitá classica. L’antitesi è notata filosoficamente da Bruto, quando innanzi al cadavere di Lucrezia, udendo la morte della moglie, fa molto a proposito questa giudiziosa osservazione:

                          Toutes deux s’ immolant, d’un commun désespoir,
L’une à sa passion, et l’autre à son devoir.
                    

Ma porre in azione l’antitesi sarebbe stato delitto di leso classicismo: perciò non incontro, non collisione, ed una situazione, sufficiente ella sola a tutta una tragedia, per difetto d’alimento intisichisce. Ponsard non volea rinunziare all’episodio e volea conservare la semplicitá; e, per voler troppo abbracciare, non ha stretto nulla. A’ rimproveri di Bruto, Tullia risolve d’uccidersi, ma vuol prima andare al convito da lei preparato:

                          .  .  .  Allons donc porter dans cette joie
Le mensonge d’un coeur à l’amertume en proie.