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dell’idea, una cifra del pensiero. L’enigma se ne va e con esso gran parte di poesia.

Come nella natura è distrutto l’accidente, cosí nell’uomo il libero arbitrio. Nel mondo dell’immutabile non ci può essere azione: sarebbe un controsenso. Collisioni, intrighi, vicissitudini, catastrofi, tutto ciò che è consueta materia di poesia, non ha piú scopo. Non ci può esser dunque un’azione che gradatamente si snodi di mezzo a’ contrasti, e desti attrattivo e sospensione come nell’Iliade, nell’Orlando e in altrettali poemi e romanzi, che perciò si leggono cosí avidamente e quasi di un fiato. In quella vece hai quadri sciolti, ciascuno compiuto per sé; e come un personaggio ti desta interesse, ed eccotelo sparire davanti per dar luogo ad un altro. Né solo ogni azione è cessata, ma ogni vincolo che lega gli uomini in terra è sciolto. Patria, famiglia, ricchezze, dignitá, titoli, costumi, mode, quanto nella societá è di artifiziato e convenzionale, che pure è tanta parte di poesia, non ha piú luogo; l’uomo vi è nudo, Filippo il Bello spogliato della sua porpora e Nicolò III della sua tiara. Cosa dunque resta all’uomo? Un sentimento generale di gioia e di dolore, senza successione, senza gradazione, senza contrasto, senza eco, quasi una interiezione. Hai una eterna ripetizione. È l’uomo che si perde nella natura e la natura che si perde nella scienza.

Tale è l’argomento. L’epopea è impossibile, perché manca l’azione. Il dramma è distrutto nella sua radice, perché manca la liberta. L’anima è come presa di parafisi, e rimane eternamente in quello stato, in cui la malattia l’ha colta. Non cozzo di caratteri e di passioni; l’uomo vi è morto, l’uomo come essere libero, volente, possente, operante. La lirica è ridotta ad una corda unica, che ripete solitaria il suo suono, piuttosto simile al vago della musica, che alla chiarezza della parola. Rimane l’esistenza nella sua immobile estrinsechezza, semplice materia di descrizione: l’uomo stesso ci è descritto. Rimane un poema descrittivo-didascalico.

Abbiamo dunque due soggetti, l’uno puramente religioso che gitta la poesia fuori dell’umanitá, l’altro storico-politico,