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«beatrice cenci» di guerrazzi 27

saputo adempiere le condizioni dell’arte? Sai tu creare? I tipi che tu vagheggi, sai tu vestirli di carne e dar loro moto e vita? E se si, tu sei un genio ed il tuo lavoro è immortale. — Noi dunque non diremo al Guerrazzi: — Esatto compilatore di tutto ciò che è fatto e circostanza, tu non hai saputo cogliere la vita intima di quel tempo; — ma gli diremo: — Vi è almeno una vita intima qualunque nelle tue concezioni? Beatrice Cenci non è una donna del Cinquecento, ma è almeno una donna viva, o un’astrazione, un accozzamento meccanico di diversi elementi? — La quistione va posta a questo modo, chi voglia giudicare di un’opera d’arte.

Consideriamo dapprima la natura estetica dell’argomento. In che è posto il nodo, la situazione, la sostanza del fatto? Nell’innaturale amore di un padre verso la sua figliuola e nella invitta resistenza di questa. Il romanzo esser deve adunque la storia psicologica di questa bestiale concupiscenza, come si fa la storia di Werther o di Lovelace. L’origine di questo turpe ardore, le nuove cagioni che lo alimentano, le resistenze che lo irritano, le occasioni che lo allettano, ed i perversi disegni, le seduzioni, le insidie, le violenze, da ultimo la catastrofe; ecco il fondamento sul quale dee riposare l’intrico della favola, ed il suo ordine esterno. Né basta che queste cose mi siano rappresentate, ma ci bisogna che ciò si faccia con tutte le gradazioni. Nel dramma si può scegliere un punto determinato; il romanzo deve abbracciare tutta la serie, in tutto il minuto della sua successione, essendo la vita e la veritá del romanzo riposta in quel segreto divenire, per il quale vediamo procedere e mutarsi uomini e cose senza che quasi ce ne accorgiamo: nel che sono mirabili lo Scott, il Manzoni ed il Goethe. Si può egli questo nel racconto che abbiamo alle mani? Vi è scrittore tanto ardito, che addentri e fermi lo sguardo in quella fogna? Quando i fatti hanno a lor fondamento l’innaturale e il bestiale, l’effetto estetico che vi potete prometter da quelli, dee esser tutto negativo. Essi sono poesia, non perché noi vi ci affisiamo con quell’estatico abbandono, col quale contempliamo ciò ch’è bello; ma perché ci sentiamo costretti a divertirne lo sguardo, a protendere le braccia