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ha luogo sotto l’occhio dello spettatore, l’altra fuor della scena; l’una in casa, l’altra in citta. La qual disposizione è naturale; essendo il luogo della scena la casa di Maurizio, a cui mettono capo i due intrighi: sicché ciò che si fa in famiglia noi lo vediamo, ed i personaggi che vengono e vanno ci fan conoscere l’altra azione che ha luogo al di fuori. Con quest’abile disposizione le due azioni non s’impediscono, non si urtano, non istancano l’attenzione. Anzi l’autore dal concorso delle due azioni ha cavato i piú belli effetti della sua commedia; poiché, non essendo costretto a rappresentare quello che avviene fuori della scena, ma a farcene sapere l’essenziale per via di notizie, che se ne danno da quelli che vengono, nasce spesso un contrasto comico tra quello che si dice in casa e quello che si fa al di fuori; e cosí, mentre Maurizio fa il sentimentale con Clelia, lo vedete tutto a un tratto piantarla, sapendo che ci è danaro a riscuotere.

E che la difficolta sia stata vinta, si può anche inferire dall’impressione; poiché non mi pare che la commedia abbia generata in nessun punto stanchezza o disattenzione o esitazione negli spettatori, che in mezzo ad un nugolo d’incidenti non hanno mai perduto il filo degli avvenimenti. Ho a dir tanto male della commedia, che ben mi si perdonerá di essermi alquanto indugiato sopra questa parte buona.

Nel giudizio de’ lavori d’arte non soglio mai attenermi alle nude regole, che spesso creano un gusto artificiale. Non sono di quelli che innanzi a’ casi di Olindo e Sofronia corrono subito con l’animo al paragrafo tale di Aristotile, o innanzi al suicidio di Bruto si domandano se è classico o romantico: simili a quei medici che alla vista di strazianti dolori stannosi senza batter palpebra, dicendo in cuor loro: — Ecco un bel caso da studiare. — Amo la scienza, ma a patto che l’uomo vi si conservi vivo al di sotto; pregio la critica, ma a patto che non falsi o distrugga l’ingenuitá de’ miei sentimenti. Quando sono al teatro, io voglio godere, e mi c’illudo, e mi abbandono alle mie impressioni come l’ultimo del volgo; tanto che, se alcuno mi domanda allora del mio giudizio, io ho dimenticato Aristotile