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«storia del sec. xix» di g. g. gervinus i79

gloria. E mentre dame francesi battevano le mani a’ Cosacchi, la plebe romana faceva le fiche a’ Francesi. Caddero i Romani, ma lasciando di valore, di concordia, di risolutezza uno di quegli esempli, che vivono nella memoria dei nipoti e preparano la vittoria.

Tale è il terreno sul quale si pone Villemain per celebrare il connubio del governo parlamentare e del legittimismo! Che cosa fu la Camera, avete veduto. E se vi dicessi, che cosa fu il legittimismo! Quali le crudeli vendette nell’interno! Quale l’abbiezione al di fuori! Parlino Ney, e la Spagna. Ma questo è un avvenire a cui non giungono le memorie del Villemain: egli si è arrestato all’ingresso di Luigi XVIII a Parigi. Eppure qual momento egli ha scelto per far brillare innanzi ai Francesi la bandiera bianca! Quella bandiera entra in Parigi, ricordo vivente di tante vergogne, e perfidie e viltá, e della patria venduta e dello straniero applaudito. Il re vi entra a braccetto con Fouché, ministro di Napoleone, capo del governo provvisorio contro Napoleone, ministro di Luigi XVIII contro il governo provvisorio.

Se il Villemain non può innalzare il legittimo, ottiene almeno di abbassare Napoleone? Non ha capito che Napoleone cadente è piú grande che Napoleone despota, vittorioso ed insolente. Il Dio di Napoleone era il successo. Sapeva simulare i piú nobili sentimenti. Ma questo attore a forza di rappresentare la sua parte aveva finito con l’affezionarvisi. La Francia egli l’amava; si era confuso con lei: il grande uomo con la grande nazione. Quando gli giunge all’orecchio il suono del cannone, sella i cavalli e si offre alla battaglia. La sua domanda commove il governo provvisorio. — Ma non capite, esclama Fouché. che se egli vince, noi saremo le prime sue vittime? — Nobile ragionamento, o piuttosto «eloquente», come lo chiama il Villemain! Poco lungi da Rochefort, egli non pensa alla sua salvezza; il suo orecchio sente il rumore della battaglia; il suo occhio è sui giornali; la sua anima è a Parigi. Tutta l’energia di una nazione dibattentesi contro lo straniero in questo punto non è nella Camera, né nel governo provvisorio: è in Napoleone.