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se il Villemain diletta gli spiriti contemplativi con tanta finitezza di eleganza, non ha potuto mai esercitare durabile ed efficace influenza, richiedendosi a questo una certa spontaneitá e calore, di cui egli ha difetto. Aggiungi le qualitá del suo carattere. Il Villemain è un uomo dabbene, ma piú passivo ammiratore, che attore, pronto a lodare i nobili fatti, ma a distanza; del resto ammiratore senza passione e senza impulso.

Tale è l’uomo, che si mescola anch’egli in questa piccola guerra. Non potendo scopertamente assalire il suo avversario, né avendo la scelta delle armi, usa con abilitá quei pochi mezzi che il sospettoso occhio imperiale discerne e non può impedire. Molta moderazione e riserbo nel linguaggio, dire cose ardite temperatamente, assalire facendo un inchino e stringendo la mano, accompagnare una severa osservazione con un complimento o un sorriso che la faccia passare, moltiplicare allusioni, ma tutte delicatissime, offendere con un’aria di «mi perdoni», avanzarsi senza fare sentire il romore de’ passi, colpire e nascondere la mano, mantenere sempre un’aria d’uomo educato e gentile che renda ridicola la collera in colui che tu oltraggi cosí amabilmente, lavorare la frase con ostinata pazienza, ora inviluppata ora trasparente, sempre misurata, dir poco si che si sottintenda molto: in tutti questi artifizi il Villemain è maestro.

Ma ciò non basta. Non basta che ci sieno delle punzecchiature, delle botte maestre. Un libro politico, che si proponga un effetto durabile, deve contenere in sé qualche cosa di sostanziale, indipendente dalle circostanze accessorie, in mezzo alle quali nasce. In che è posta la sostanza, il fondo di questo lavoro?

Il signor Villemain ha l’aria di voler raccontare le sue impressioni giovanili, spettatore de’ cento giorni. Ma non ce la dará ad intendere. Il Villemain giovane è qui modificato ed interpretato dal Villemain del i855. Sono i cento giorni narrati da un legittimista di fresca data, che si converte ad Enrico V, e pretende di rimanere orleanista, che vuole la bandiera bianca e crede alla bandiera tricolore. È l’utopia della fusione, il «Viva la libertá!» gridato dall’aristocrazia e dal clero.