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janin e la «mirra» i6i

Queste parole sono illuminate dal gesto, dallo sguardo; l’orribile segreto scoppia fuori, e nel tempo stesso la fanciulla cade sul proprio sangue. Gli spettatori non han tempo di mandare un grido d’orrore che giá quel grido si trasforma in un lungo gemito. L’ira è congiunta con la pietá, lo spavento con l’orrore, e restiamo immobili. Padre e madre fuggono, straziati da opposti sensi.

— Empia!... o mia figlia!...—
Mirra muore sola nelle ultime convulsioni mostrando l’interna ribellione della natura alla sua volontá.

È una delle tragedie meglio concepite e piú profondamente pensate di Alfieri. Non ci è che un solo personaggio, che parla, di cui si parla: tutti vi stanno per porre in luce, per dar rilievo al protagonista. Nessuno, fuori di Mirra, ha carattere, una individualitá prominente; non vi è alcuna distrazione; Mirra, anche assente, empie di sé tutto. Il solo carattere che mi par vizioso è quello di Pereo, che si uccide quando sa di non essere amato. Ciò fa supporre in lui qualche cosa di eroico e un fervidissimo amore. Ben ci è nelle sue parole; egli dice spesso che ama, che si ammazzerá ecc., ma la sua passione è debolmente rappresentata, il suo carattere è appena abbozzato e riesce freddo e duretto. Alfieri ha temuto creare una individualitá possente che svolga la nostra attenzione da Mirra. La stessa azione non ha niente di serio; essa è uno stimolo esterno per far traboccare tutto ciò che ferve nel seno di Mirra. Cosi tutta la tragedia non è che una serie di manifestazioni sempre meno oscure secondo che la giovinetta è piú stretta ed incitata da’ fatti, insino a che il fatale mistero le esce di bocca. L’istrumento di queste manifestazioni sono gesti, sguardi, sospiri che contraddicono alle parole, e però la vera tragedia è non in quello che è espresso, ma in quello che è rappresentato. Il gesto non è qui semplice accompagnamento della parola, ma il rivale di essa che le si pone dirimpetto, ed ora la commenta, ora l’accusa e la smentisce. Gusterá questa tragedia un lettore di cosí viva imma-

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De Sanctis, Saggi critici.-i