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eppure, guardando a’ suoi gesti e sguardi disperati, che oltrepassano qualsivoglia espressione consueta di filiale affetto, lo spettatore si vede balenare qualche orribile mistero e ne rifugge spaventato. Quanto al povero Pereo, lontano le mille miglia dalla vera cagione, non comprende altro se non che egli non è amato, e parte scontento ed agitato, con gran maraviglia della fanciulla, la quale non si avvede che è il suo volto, sono i suoi gesti che la tradiscono, e si domanda atterrita:

Oh ciel! che dissi?
Ormai ella non ha potuto vincer sé stessa e innanzi alla nutrice si abbandona alla disperazione e chiama la morte e vuole e disvuole, passando con una estrema volubilitá da un partito all’altro, ed uscendole di bocca nella piena del dolore parole sospette a cui ella dá con la sua costernazione maggior gravitá
               .  .  .  .  .  .  .  .  .  io spesso
Udia da te, come anteporre uom debba
All’infamia la morte. Oimè! che dico?...
Ma tu non m’odi?... Immobil.... muta... appena
Respiri! oh cielo!... Or, che ti dissi? Io cieca
Dal dolore... noi so: deh! mi perdona.
Le ultime sue parole annunziano un ultimo sforzo, ed il sipario cala al secondo atto con qualche speranza che ella si appigli al solo partito onorevole che le rimane: sposarsi e partire immediatamente.
Tu dèi far si, ch’io saldamente afferri Il partito, che solo orrevol resta.

Nel terzo atto grande è l’aspettazione. Ecco la figlia per la prima volta in presenza del padre e della madre. Quanta tenerezza verso la madre! con quale abbandono le parla! come