Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/73


beatrice 67


                                    Cader gli augelli volando per l’are,
E la terra tremare;
Ed uom m’apparve scolorito e fioco.
Dicendomi: — Che fai? non sai novella?
Morta è la donna tua, ch’era si bella. —
               

Ma ecco la scena si cangia di un tratto, il cielo s’illumina di angioli e risuona d’osanna, e sul volto dell’estinta uscita dalle battaglie e da’ travagli della vita siede la pace. La morte stessa diviene cosa gentile ed il poeta, invocandola a gran voce, volge sospiroso lo sguardo al cielo, invidiando gli angioli che contemplano la sua donna.

                                         Levava gli occhi miei bagnati in pianti,
E vedea (che parean pioggia di manna)
Gli angeli che tornavan suso in cielo.
Ed una nuvoletta avean davanti.
Dopo la qual gridavan tutti: — Osanna — ;
E s’altro avesser detto, a voi dire’lo.
Allor diceva Amor: — Piú noi ti celo;
Vieni a veder nostra donna che giace. —
L’immaginar fallace
Mi condusse a veder mia donna morta;
E quando l’ebbi scorta,
Vedea che donne la covrian d’un velo;
Ed avea seco umiltá si verace,
Che parea che dicesse: — Io sono in pace. —
     Io divenia nel dolor si umile,
Veggendo in lei tanta umiltá formata,
Ch’io dicea: — Morte, assai dolce ti tegno:
Tu dèi ornai esser cosa gentile,
Poiché tu se’ nella mia donna stata,
E dèi aver pietate, e non disdegno.
Vedi che si desideroso vegno
D’esser de’ tuoi, ch’io ti somiglio in fede.
Vieni, ché ’l cor ti chiede. —
Poi mi partia, consumato ogni duolo;
E quando io era solo,
Dicea, guardando verso l’alto regno:
     — Beato, anima bella, chi ti vede! —