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446 nota

APPENDICE


P. 327, r. 20. Nel ms. XVI. C. 49 erroneamente si legge: «Giustizia» invece di: «Superbia».

P. 330, r. 2i. Nel ms. cit. «sette» è segnato col numero arabo in modo che sembra un «due»; ma «due» non può essere, sia perché dopo si dice: «togliendo l’una forma da una e l’altra da un’altra» sia perché anche nella lez. XII, giuntaci in una copia del Laurini, si dice «sette» (v. avanti p. 79).

P. 336, r. 20. Ms. Frizzoni: «il brutto, e per tanta parte». Invece di: «e per», che non dá un senso soddisfacente, ho sostituito: «esser».

P. 338, rr. i-5. Il Croce (F. De Sanctis, pagine sparse citt., p. i6) le tralasciò, cominciando: «Nel volgo è rimasa» ecc.

Ivi, r. 2i: «mi si concederá ch’io»; Croce: «mi si consenta che io».

P. 339, r. i8: «il poeta dee esser filosofo»; Croce: «dee essere filosofo»; r. 2i: «dee vivere con esso, anzi in essa; uccidere»; Croce: «dee vivere con esso: uccidere».

P. 340, r, 4: «poiché queste parole»; Croce: «perché queste parole»; r. i0: «Pur quando sull’orizzonte»; Croce: «Pure, quando nell’orizzonte»; r. i2: «non vuol piú» Croce: «non vuole piú»; r. i6: «sofista»; Croce: «sofistico»; r. 20: «de’ due termini»; Croce: «dei due termini»; r. 21: «in cui l’idea stia»; Croce: «in cui l’idea sta»; r. 24: «d’individuo»; Croce: d’individui»; r. 29: «indestruttibile?»; Croce: «indistruttibile?».

P. 34i, r. 5. Il De Sanctis dopo: «belle o brutte» aveva scritto, poi cancellò: «E non domanda, qual è l’idea nascosta sotto quelle forme, e se la è vera o falsa, importante o frivola, utile o nociva; non lo domanda e non ne ha bisogno, a lui basta che le sieno belle. Niente è assolutamente falso, o ignobile o frivolo; e se il poeta vede ciò come bello, gli è che in quel frivolo ci è l’importante, in quell’ignobile ci è nobiltá, in quel falso ci è il vero. Il bello inchiude certe condizioni, ed esclude certe altre; ma il poeta non dee analizzarlo, scoprire ciò che vi è supposto o implicito e trarnelo fuori, non dee sapere come nasce, e di che nasce; esiste per lui, quando è nato».