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Lezione VI
VITTORIA DEL GENIO SULLA CRITICA
Se voi ora voleste consultare gl’innumerabili cementatori della Divina Commedia, voi gli udreste rispondere: — Avete creduto di aver toccato il fondo della poesia dantesca, e vi siete ingannati. Fin qui vi è stata innanzi la scorza, la superficie, l’apparenza; quello che vi sta di sotto, il significato vero, vi è sfuggito; voi avete guardato con l’occhio volgare il sole ed avete detto: il sole gira; guardatelo con l’occhio della mente, e direte: il sole sta fermo; la poesia dantesca è essenzialmente simbolica o allegorica; altro si dice ed altro s’intende; né alcuno la capirá mai che non abbia squarciato il velo e discoperti i veri che vi si trovano adombrati. — Di questi veri si son posti essi in traccia, e dal Boccaccio infino a noi le piú diverse interpretazioni, i piú opposti sistemi sono venuti fuori. E poiché oggi l’allegoria è tornata in onore, né si pubblica quasi in Germania un’edizione della Divina Commedia che non sia ciascun canto accompagnato dalla sua spiegazione allegorica, è pur forza che mi ci arresti alquanto.
L’allegoria uccideva la religione e la poesia antica. I filosofi pagani, credendo di puntellare la cadente religione, la disciolsero in simboli; e quando una religione è accettata come simbolo, è morta. I loro sforzi accelerarono la sua caduta: il cristianesimo soprawegnente, facendo guerra al senso, alla lettera, alla materia, in nome del Dio spirituale, distrusse tutte le forme antiche. La guerra si distese a poco a poco dagl’idoli alla poesia: