Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/420

4i4 appendice

Riepilogo.


Volendo ora raccogliere in uno ciò che siamo andati sparsamente discorrendo, nell’inferno signoreggia la materia anarchica, rotta alle passioni, senza freno di ragione: le sue forme ricevono di ogni sorta differenze, spiccate, distinte, prominenti e, per usare una vivace parola moderna, monumentali. Nel purgatorio la materia è un momento: lo spirito ha acquistato coscienza di sua forza, e, contrastando e soffrendo, si fa libero: la realtá vi è in immaginazione, rimembranza del passato, da cui si sprigiona, aspirazione ad un avvenire, a cui si avvicina; onde le sue forme sono fantasmi e rappresentazioni della fantasia, anziché obbietti presenti e determinati: pitture, sogni, visioni estatiche, simboli e canti. Nel paradiso lo spirito, giá redento, s’india; le differenze qualitative sono risolute nella unitá, e tutte le forme svaporate nella semplicitá della luce, insino a che ci spariscono a poco a poco davanti. Tanta varietá e ricchezza di forme ci mostra non pure la feconditá dell’ingegno dantesco, ma ancora la veritá della sua ispirazione, la quale consiste singolarmente in questo, che il poeta s’immedesimi con l’obbietto, facendo della sua anima quasi l’anima di quello e trasandando quella parte della sua personalitá, che gli rimane estranea. Il che piú agevolmente è venuto fatto al nostro autore in quanto la forma del suo poema è tale che egli, senza sforzare punto il subbietto, ha potuto manifestarvi liberamente se stesso ed il suo tempo e congiungere con l’essenziale della sua visione l’arbitrario e l’accidentale. Non pertanto la forma prende dalla qualitá dell’ingegno una cotal propria maniera di rappresentazione, che dicesi stile. Si reputa comunemente che lo stile sia la veste del pensiero: il qual modo figurato di dire può significare o troppo o troppo poco, potendosi cosí di leggieri confondersi lo stile o con la forma o con l’elocuzione. Lo stile è la forma nel suo movimento esplicativo, e però strettamente legato con l’obbietto, anzi l’obbietto vivente. Ma qui piú che altrove apparisce l’individualitá dell’ingegno, avendo ciascuno artista un suo proprio