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406 appendice


reggi al tutto il pensiero. La scienza, come tale, rimane sempre astratta dall’immagine, prendendo da questa lume ed ornamento senza che ne scapiti punto la sua purezza. La forma in questo caso non è unita sostanzialmente all’idea, né le resta altro valore che di metafora e di comparazione, l’una di rincontro all’altra senza confondersi. La quale è certo maniera meno perfetta di poesia, ma poesia, industriandosi il poeta di sopperire al difetto con rivestire il pensiero di vaghezza e leggiadria, si ch’ei lo renda, non potendo bello, almeno di ornata e piacevole apparenza, come fan fede alcuni poemi didattici di squisito ed egregio lavoro.

Il paradiso dantesco è lucente di metafore, di similitudini, di esempii e di ogni sorta di traslati, che chiariscono ed illustrano le piú astruse ed astratte concezioni della scienza. Sembra quasi che il poeta non sappia pensare se non colla sua immaginazione, o che piuttosto il pensare e l’immaginare non sia in lui che un atto solo: tanta è la sua virtú di tutto abbellire ed illeggiadrire. E per darne pure alcuno esempio, tra’ moltissimi che si potrebbero arrecare in mezzo, ricorderò le tre stupende terzine, nelle quali Cacciaguida tratta della prescienza accordata col libero arbitrio, e la spiegazione che fa Beatrice del moto degli astri, due descrizioni pittoresche, chiarissime e leggiadrissime, nelle quali, come ben dice il poeta, la veritá ha il dolce aspetto della bellezza.

                                         La contingenza, che fuor del quaderno
Della vostra materia non si stende,
Tutta è dipinta nel cospetto eterno.
     Necessitá però quindi non prende,
Se non come dal viso, in che si specchia,
Nave che per corrente giú discende.
     Da indi, sf come viene ad orecchia
Dolce armonia da organo, mi viene
A vista ’l tempo che ti s’apparecchia.

     Lo moto e la virtú de’ santi giri.
Come dal fabbro l’arte del martello,
Dai beati motor convien che spiri.