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Il poeta, signore, anzi tiranno della lingua, trova ardite parole a significare questa compenetrazione degl’individui, questa medesimezza amorosa degli esseri nell’essere: inciela, imparadisa, india, intuassi, immei, inlei, s’infutura, s’illuia, ecc., delle quali voci alcune, dopo lungo obblio, ritornano a vita. La redenzione dell’anima è la sua progressiva emancipazione dall’egoismo della coscienza; la sua individualitá non le basta, ella si sente incompiuta, parziale, disarmonica, e sospira alla idealitá nella vita universale.

Abbiamo mostrato di quanto momento sono i gruppi nel purgatorio; ivi s’inizia quella comunione ed amicizia delle anime, che ha il suo compimento nel celeste sodalizio. I loro moti sono danze; le loro voci sono canti; ma in quel turbine di movimenti, in quell’accordo di voci tu non discerni niente d’individuo o di particolare: è una musica, nella quale i varii suoni si perdono e si confondono in una sola melòde. Né vi è propriamente differenza di aspetto; ma, se di cosí dire mi è lecito, una faccia sola: onde la concezione in questi termini dee esser povera d’azione, di carattere e di affetto individuale. Ma il poeta ha distinto da’ Beati gli angioli, plenitudine volante tra quelli e Dio. Gli angioli, ai quali noi vogliamo attribuire il sembiante schietto della fanciullezza, esprimono la parte spontanea e irriflessa dello spirito, l’ebbrezza della ispirazione, il candore dell’animo: la virtú è in loro innocenza, il pensiero intuizione. Questo concetto si rivela in alcuni mirabili tratti, ne’ quali li ha rappresentati il poeta: con festevole andare e venire nel modo abbandonato e sciolto della prima etá, tripudianti e folleggianti senza serietá di pensiero e di scopo, arte e giuoco, secondo le parole dello scrittore.

                                         Ed in quel mezzo con le penne sparte
Vidi piú di mille angeli festanti,
Ciascun distinto e di fulgore e d’arte.
     Qual è quell’angel, che con tanto gioco
Guarda negli occhi la nostra Regina,
Innamorato si che par di fuoco?