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esposizione critica della divina commedia | 39i |
Per piú letizia si mi si nascose Dentro al suo raggio la figura santa; E cosí chiusa chiusa mi rispose. |
La pura luce e le tenebre partoriscono lo stesso effetto; ché, rubando gli obbietti allo sguardo, gl’ingrandiscono o abbelliscono dinanzi alla fantasia. Cosi, quando comparisce la Vergine, il poeta non tenta giá di descriverla, ben comprendendo ch’ella scaderebbe dall’altezza della sua divinitá, ove prendesse figura quanto si voglia bella; ma in quella vece egli dipinge con ricchi colori la festa degli angioli, che le fanno corona, e ritrae il riverente loro affetto nella mistica ebbrezza delle parole e degli atti: nella qual vista non riposa la fantasia, ma si leva piú su, alla figura principale, obbietto di tanto culto e di tanto amore, che le ondeggia dinanzi, come l’ideale piú alto a cui ella possa aspirare.
Per entro ’l cielo scese una facella, Formata in cerchio a guisa di corona, E cinsela, e girossi intorno ad ella. Qualunque melodia piú dolce suona Quaggiú, e piú a sé l’anima tira, Parrebbe nube che squarciata tuona, Comparata al suonar di quella lira, Onde si coronava il bel zaffiro, Del quale il ciel piú chiaro s’inzaffira. Io sono amore angelico, che giro L’alta letizia, che spira del ventre Che fu albergo del nostro desiro; E girerommi. Donna del ciel, mentre Che seguirai tuo Figlio, e farai dia Piú la spera suprema, perché lf entre. Cosi la circulata melodia Si sigillava; e tutti gli altri lumi Facean sonar lo nome di Maria. E come fantolin, che invêr la mamma Tende le braccia, poi che ’l latte prese. Per l’animo che infin di fuor s’infiamma; |