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390 appendice


                                    E tal nella sembianza sua divenne.
Qual diverrebbe Giove, s’egli e Marte
Fossero augelli, e cambiassersi penne,

     Poscia tra esse un lume si schiari
Si, che, se ’l Cancro avesse un tal cristallo,
Il verno avrebbe un mese d’un sol di.
     

Né mi par da lodare che nella sfera di Giove la luce prenda figura di lettere composte a parola, e da ultimo si conformi a modo di aquila. Ma egli non ha seguitato per questa torta via; né di tali puntelli, a cui si appigliano gli animi angusti, era punto mestieri alla sua feconda fantasia. L’acutezza non è pure contraria al buon gusto, ma eziandio alla intrinseca natura del concetto dantesco; né forme sf lievi ed eteree possono ricevere troppo minuta determinazione senza essere rimpicciolite, lasciando stare che, come segno visibile dell’infinito, debbono esse uscire possibilmente dall’angustia del limite. Quindi nel generale la forma è qui negativa, come negativo è il concetto, ed il vocabolo dal quale è significato il Cristianesimo è stato a ragione chiamato la religione del sublime, come quella che pone un abisso tra il creato ed il creatore, richiedendo la fede, né riconoscendo nell’uomo quella facolta che oggi dicesi dell’assoluto, intuito o ragione che essa si sia.

                                    Perch’io l’ingegno e l’arte e l’uso chiami,
Si noi direi, che mai s’immaginasse:
Ma creder puossi, e di veder si brami.
     E se le fantasie nostre son basse
A tanta altezza, non è maraviglia;
Ché sovra ’l Sol non fu occhio ch’andasse.
     

Laonde se le anime nell’inferno e nel purgatorio hanno umana apparenza, qui sono occulte, come in un santuario, nel profondo della vivissima luce.

                                    Si come ’l Sol, che si cela egli stessi
Per troppa luce, quando il caldo ha rose
Le temperanze de’ vapori spessi;