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386 appendice


                                    Sappia qualunque il mio nome dimanda
Ch’io mi son Lia, e vo movendo intorno
Le belle mani a farmi una ghirlanda.
     Per piacermi allo specchio qui m’adorno;
Ma mia suora Rachel mai non si smaga
Dal suo miraglio, e siede tutto giorno.
     Ell’è de’ suoi begli occhi veder vaga,
Com’io dell’adornarmi con le mani;
Lei lo vedere e me l’ovrare appaga.
     

L’anima, pervenuta nel paradiso terrestre, è rifatta bella, tornata nell’antico stato d’innocenza, sciolta da ogni memoria del passato, e di efficace volontá, libera da ogni impedimento. Il che è rappresentato estrinsecamente in Matilde, che tuffa i redenti nel fiume Lete ed Eunoè. Matilde è l’anima nell’opera di sua redenzione, la stessa Lia venuta a realtá, in sembianza ancora umana celeste creatura, con l’ingenua gioconditá di fanciulla, con la leggerezza di Silfide, col pudico sguardo di vergine, il volto radiante della luce di paradiso. E giá l’anima pregusta le gioie belle e care del cielo, al quale si leva; ed il poeta le presenta simbolicamente, in aspetto ancora terreno, l’obbietto del suo desio. Le forme allegoriche non vogliono essere squallide e scolorate, come caratteri di algebra o lettere di alfabeto, morte e vuote figure in se stesse, né sconce e disformi alla dignitá del subbietto, come quegl’idoli deformi e prosaici di rozzi popoli, ne’ quali essi effigiavano i loro Iddíi. La figura dee avere per sé un suo proprio valore poetico: di che non mi pare siasi qui dato pensiero il poeta, invaghitosi per avventura piú del tipo orientale che della libera e schietta bellezza greca, traendone solo Beatrice descritta con una ricchezza di colorito che giá imparadisa le nostre menti, ed alcuni particolari vaghissimi.

Giunto all’albero della vita, cioè della scienza del bene e del male, il poeta in sullo sciogliersi dalle cose terrestri s’innalza al significato generale dell’umanitá, della quale ci narra la storia dal peccato di origine infino a’ tempi suoi: concetto nobilissimo, degno dell’ingegno dantesco, comprensivo e profondo ad un tempo, ma poco felicemente rappresentato nella sua forma allegorica.